Buon mercoledì, prodi seguaci!📱

Oggi vi scrivo da una pozza di virus e muco perché Halloween non mi ha portato benissimo quest’anno e sono a casa malata – o forse lo sto solo prorogando con un’ottima interpretazione da morta vivente, chissà. Quale momento migliore per scrivere di libri di (geo)politica? Vi vedo che state già sbadigliando dalla noia, ma son due libri interessanti, promesso.

Il mondo sta per cambiare, di nuovo. Al termine di un anno sconvolto da avvenimenti inimmaginabili, gli americani hanno scelto il 46° presidente degli Stati Uniti in una delle elezioni più contese della storia. Joe Biden e Kamala Harris sono il nuovo volto della Casa Bianca. La loro vittoria ha catalizzato le speranze di decine di milioni di persone, ma la sfida che hanno davanti non è semplice: sarà interessante osservare come proveranno a traghettare gli Stati Uniti fuori dal momento più delicato della storia recente. Il modo migliore per conoscere come sarà la Casa Bianca di Joe Biden e Kamala Harris è conoscere chi sono e cosa hanno fatto fin qui. Perché la politica e il potere non cambiano le persone: le rivelano per quello che sono. Francesco Costa traccia quindi un ritratto della nuova presidenza percorrendo le straordinarie biografie dei due protagonisti, e i momenti che hanno segnato le loro vite. Dalla campagna elettorale del 1972, con cui Joe Biden diventò il più giovane senatore degli Stati Uniti, alla vicepresidenza al fianco di Barack Obama, dall’infanzia di Kamala Harris nei quartieri-ghetto per afroamericani della West Coast alla carriera da avvocata e procuratrice che l’ha portata a scrivere il suo nome nella storia americana ancora prima di diventare la prima donna, la prima persona di colore e la prima indiana-americana vicepresidente degli Stati Uniti d’America. Le vittorie, le sconfitte, gli errori ci raccontano qualcosa non solo del tipo di presidente e vicepresidente che governeranno la più grande potenza mondiale, ma anche delle lezioni che hanno imparato nel corso delle loro vite, di come hanno affrontato avversari e ostacoli. Soprattutto, quelle vittorie, sconfitte ed errori sono rappresentativi «di una comunità che va molto oltre le loro persone». Perché «nelle loro qualità e nei loro limiti, Joe Biden e Kamala Harris somigliano all’America».

Tendenzialmente le autobiografie dellз politicз non mi interessano: siamo così intrisз di propaganda politica in ogni dove e in ogni tempo che non mi sembra il caso di andarmi a cercare pure un libro zeppo di retorica e buoni sentimenti. Tuttavia da brava lettrice curiosa ogni tanto cado in tentazione, soprattutto nei riguardi di quellǝ politicǝ le cui vite sembrano uscite dalle pagine di un romanzo: è il caso di Joe Biden e il suo Papà, fammi una promessa (ovviamente non posso dire lo stesso di Kamala Harris perché prima che si candidasse alla vicepresidenza non avevo idea di chi fosse, o se avesse avuto una vita “da romanzo”, o ancora se avesse scritto un’autobiografia – e la risposta è sì, si intitola Le nostre verità).

Il modo migliore per resistere a questo genere di tentazione è andare oltre la superficie scintillante e guardare un po’ dove si sono sporcatз le mani (perché la politica è una roba sozza e non se ne esce mai intonsз), in modo da rimettere tutto nella giusta prospettiva; magari poi si può cercare un libro scritto da una persona terza abbastanza competente da fare un’analisi lucida del suo operato.

È più o meno così che sono finita a leggere Una storia americana di Francesco Costa, del quale seguo il podcast Da Costa a Costa durante le elezioni statunitensi e dove ci sono un sacco di puntate interessanti per capire un Paese che abbiamo sempre sott’occhio, ma che forse non conosciamo bene come pensiamo. Costa prende le vite di Biden e Harris e ci racconta il Paese che lз ha portatз a essere quello che sono e che ha fatto sì che in alcune circostanze prendessero un certo tipo di decisioni.

È difficile non provare simpatia per le loro vicende umane (e a Costa Biden piace, tanto che questo libro è decisamente sbilanciato su lui), ma stiamo anche parlando di due persone con molto potere: è importante quindi che quella simpatia non ci induca a soprassedere su errori e passi falsi.

La Cina è davvero «vicina» come recitava il titolo di un vecchio film d’autore? No, sostiene Giada Messetti nel suo “Nella testa del Dragone”. È, anzi, molto lontana. Soprattutto, è diversa. Perché – continua l’autrice, sinologa, che in Cina ha vissuto sei anni – esistono dieci, cento, mille Cine. Esplorarle è come fare un viaggio su una macchina del tempo, passando da villaggi remoti rimasti all’epoca preindustriale a smart city avveniristiche dove, fermo al semaforo in motorino, può capitare che un drone ti intimi di indossare il casco se vuoi evitare una multa salata. Grazie al suo lavoro, Giada Messetti ha potuto indagare da vicino le contraddizioni di questo paese e soprattutto vedere plasmarsi e maturare quella che è stata definita «l’era dell’ambizione». Percorso da un flusso irrefrenabile di energia, slancio e obiettivi di progresso, il Celeste Impero ha infatti saputo trasformarsi e sfruttare al meglio i vantaggi della globalizzazione, in una vertiginosa ascesa che ha sovvertito i paradigmi geopolitici come mai prima d’ora. Dal «Nuovo Mao» Xi Jinping alla sfida con gli Stati Uniti per la governance globale, dal Sogno cinese al progetto della Nuova via della seta, dalle incredibili innovazioni tecnologiche alle proteste di Hong Kong, fino allo scoppio dell’epidemia di coronavirus, l’autrice ci accompagna in un viaggio appassionante attraverso la Cina di oggi, facendo chiarezza tra stereotipi e realtà, aiutandoci a comprendere il presente e il futuro di un paese sempre più decisivo sullo scacchiere globale. Nel nuovo assetto mondiale, per la prima volta noi occidentali «dobbiamo confrontarci con una cultura differente senza che il nostro presupporre di essere migliori o superiori conti o serva a qualcosa. Uno scenario completamente inedito che richiede ascolto, studio, reciproca comprensione. È una grande sfida, la sfida del nostro tempo».

Quanto ne sapete sulla Cina? Se siete come me, probabilmente non molto. Il fatto che nei nostri media se ne parli sempre di più e sempre in maniera superficiale non aiuta, visto che si oscilla tra il descrivere la Cina come il demonio o come un posto strano ed esotico che nutre il nostro bisogno di sentirci bambinз speciali. Siccome ho la fissa di andare a vedere cosa c’è oltre, sono incappata in questo libro della sinologa Giada Messetti, che forse conoscerete per il podcast Risciò, che io devo ancora ascoltare.

A giudicare dai titoli delle puntate, Nella testa del Dragone è parente stretto del podcast e immagino che sia più aggiornato visto che è del 2020, mentre il podcast è datato per lo più 2017 (con due puntate del 2020 sul coronavirus). Si tratta di un libro di neanche duecento pagine, quindi potrete ben immaginare come smuova appena la superficie di quello che è oggi la Cina, visto che parliamo di un Paese millenario e con una cultura parecchio diversa dalla nostra.

Tuttavia, mi è sembrato un ottimo modo per iniziare a capire come funziona la Cina, il modo in cui pensa e il modo in cui agisce. A un Paese come il nostro, dove un minimo cambiamento impiega generazioni per diventare effettivo, un Paese come la Cina, che in dieci anni è cambiato radicalmente in parecchi ambiti, sembra uscito da un romanzo di fantascienza ambientato nel 3000.

Ovviamente non è tutto oro quello che luccica e nessunǝ dice che dovremmo essere come la Cina: però vorrei che si facessero più sforzi nello spiegare un punto di vista che è diverso dal nostro, invece di raccontarci delle storie a uso e consumo della nostra propaganda politica e del nostro amor proprio.

Che ve ne pare? Vi ho messo un po’ di curiosità o come si parla di politica e/o nonfiction scappate a gambe levate? Se è così, mi spezzate il cuore, perché la nonfiction è così sottostimata che non viene mai in mente nemmeno quando si cerca di incentivare la lettura… e vi saluto prima di diventare molto sentimentale e uscirmene con una cosa tipo, Adotta anche tu un libro nonfiction!

A presto!🧗🏻

10 risposte a “Un libro sugli USA, un libro sulla Cina”

  1. Quanto ne so sulla Cina? Non abbastanza e quel poco che so deriva da racconti, poesie e romanzi di autori cinesi. Eh, sì sono carente sulla nonfiction, ma il tuo è un saggio appello 😉.
    Riprenditi presto ❤.

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    1. Per me invece la nonfiction è quasi la metà delle mie letture annue e mi dispiace troppo non vederla più popolare e con questa cattiva fama di “libri noiosi”, visto che tanti sono più appassionanti di molti romanzi.
      Credo di aver sgabellato la fase zombie, quindi da domani spero di andare migliorando!💙

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      1. A me piacciono questi articoli, perché sei una delle (relativamente) poche persone che parlano di saggistica.

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      2. Ma davvero, è un enorme peccato, perché, essendo così poco letta da chi poi commenta online la propria lettura, finisce ancora più nell’ombra.

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  2. A me la nonfiction piace ma ammetto di leggerne meno rispetto alla fiction. Il problema è che mi ci approccio in maniera totalmente diversa: devo sedermi e armarmi di post-it e blocchetto degli appunti mentre con altre letture spesso vado più spedito.
    Ammetto però che l’argomento “politica” in generale mi repelle parecchio, questo anche quando si parla di fiction. Non ci capisco niente

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    1. Ah, ma pensa. Io dipende di che argomento sto leggendo: se è qualcosa di cui non so nulla e ho in mano un libro prettamente divulgativo (e non parliamo, tipo, di fisica quantistica), procedo speditamente più o meno come nella fiction. Se è qualcosa che proprio non capisco, inizio a uscire dal libro e cercare informazioni altrove (e magari farmi anche due schemini). Se è qualcosa che voglio approfondire, potrei farmi degli appunti. Insomma, con me tutto dipende da che libro ho per le mani!😂
      Ultimamente è difficile non provare repulsione per la politica, anche per chi come me la segue abbastanza…😫

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      1. Io in realtà propendo sempre per le materie scientifiche e il true crime (credo che sia il genere di non fiction di cui ho più libri in assoluto).
        Comunque riguardo alla percezione della nonfiction ho sempre trovato pareri discordanti e all’opposto: da un lato c’è chi li addita come noiosi altri come essenziali e superiori alla fiction (dimenticandosi che anche qui esiste della vera monnezza che se, possibile, è pure peggio di quella che si trova nella fiction). In fin dei conti si tratta di un contenitore molto ampio che spazia in diversi generi. Anche chi lo etichetta come noioso a prescindere non sa quello che si perde!

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      2. Quellз che leggono solo nonfiction perché sarebbe superiore alla fiction sono come quellз che non leggono romanzi scritti dopo il 1899 perché la Vera Letteratura© finisce lì: non so come si possano fare affermazioni così manichee su categorie così vaste. Basterebbe limitarsi a dire, Mi piace leggere solo nonfiction, senza giudicare da meno chi legge solo fiction, visto che la bellezza di un libro prescinde da generi e categorie.

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  3. Mi hai incuriosito davvero. La Cina!

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    1. Mi fa piacere!🧡 “Nella testa del Dragone” è un libro agile e molto interessante.

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