Pubblicato a puntate nel 1868 sulla rivista moscovita “Russkij vestnik”, L’idiota fu scritto freneticamente da un Dostoevskij incalzato dai debiti, tormentato dagli attacchi di epilessia, attratto dal canto di sirena della roulette. Eppure, nell’abisso della sua disperazione, il grande scrittore russo ha saputo dare un’opera di grande luminosità, uno di quei libri il cui valore artistico va oltre la qualità letteraria. L’idiota è infatti il romanzo in cui il realismo fantastico di Dostoevskij si misura con l’altissimo obiettivo di dare una rappresentazione artistica dell’uomo assolutamente buono. Un uomo, frammento del Cristo, attorno a cui prende vita quel mondo di tragedie e macchiette che è la Russia dell’Ottocento.

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Sto tergiversando da due mesi nel tentativo di mettere insieme i miei pensieri dopo la lettura de L’idiota: siccome dopo tutto questo tempo non ho affatto le idee più chiare, ecco a voi una bella recensione caotica della mia esperienza di lettura.

Il mio primo problema con L’idiota è che è un po’ come il suo protagonista, l’idiota del titolo che però si rivela essere molto intelligente: è una contraddizione insanabile tra il capolavoro della letteratura e la ciofeca immonda. Ci sono indubbiamente delle belle pagine ne L’idiota e di certo non si può dire che Dostoevskij non sapesse scrivere, ma si tratta di un romanzo faticosissimo da leggere. Non per la mole, ma perché è disorganizzato al punto che le vicende tra i vari personaggi non fluiscono con armonia verso la conclusione, ma ci si ammassano senza alcuna grazia.

La cosa mi fa un po’ incazzare perché è evidente che Dostoevskij aveva tutte le capacità per scrivere un romanzo migliore di questo caos narrativo. La mia sensazione è che Dostoevskij avesse così a cuore i temi portanti de L’idiota da finire per sacrificare la storia alla presentazione delle sue idee.

E qui veniamo alla nota più dolente di questo romanzo: le idee del suo autore. Ero pronta a scrivervi di leggere altro di suo perché nessunə si merita di soffrire su un libto non pienamente riuscito e pieno di idee reazionarie, ma non lo farò perché il buon Dostoevskij ha creato – suo malgrado – un romanzo dalla possibile interpretazione femminista molto interessante.

Abbiamo, infatti, una donna con un passato di abusi subiti in giovane età finita in una relazione tossica con due uomini, uno che è affetto dalla sindrome del salvatore e uno che vuole possederla. L’idiota passa ottocento pagine a sviscerare il dramma di questi due uomini e a dare spazio all’opinione di chiunque possa avere un’opinione in merito e muoia dalla voglia di farcela conoscere, eppure per me questo rimarrà il romanzo di Nastas’ja Filippovna, che non può trovare pace con nessuno dei suoi due pretendenti. Non perché l’uno è una persona immorale e l’altro un Cristo senza poteri divini, ma perché l’unica salvezza possibile per lei sarebbe nel raggiungimento di una consapevolezza e in una rete di aiuto femminista che in quel tempo e in quel luogo – e, aggiungerei, in quella penna – non poteva avere.

La tragedia vera di questo romanzo è vedere due uomini farsi le coccole da bravi amiconi dopo essere stati assolutamente incapaci di raggiungere il dolore di Nastas’ja Filippovna: una scena che, con i dovuti accorgimenti, non sfigurerebbe nel più terrificante degli horror.

Quindi sì, Dostoevskij, ho proprio letto il tuo romanzo pensando tutto il tempo alla questione femminile, in barba al tuo palese disprezzo per l’argomento. Rivoltati pure nella tomba: ho portato i pop corn.

13 risposte a “L’idiota di Fëdor Dostoevskij”

  1. Non ho ancora provato a leggerlo. Mi sono piaciute le tue considerazioni e la chiusura finale: “Rivoltati pure nella tomba: ho portato i pop corn.”😁👍

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    1. Mentre lo leggevo, non pensavo ad altro se non ‘ma chi me lo ha fatto fare!?’. Una volta finito, ho avuto modo di apprezzare il talento di Dostoevskij: vorrei solo non aver dovuto faticare così tanto!

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  2. Guarda, la verità è che, con buona pace di Dostoevskij, le sue figure femminili s’impongono all’attenzione e rubano la scena ai suoi problematicissimi protagonisti, prima tra tutte Nastas’ja Filippovna.
    Però un dubbio mi viene: possibile che la tua edizione di riferimento non fosse corredata da un’introduzione capace di farti vedere quel che di buono c’è nel buon (ma reazionario, questo sì) Dosto? Qui ci vorrebbe la mano santa di Alessandra (Libri nella mente) o, in alternativa, di Jan Brokken.
    Comunque, ben vengano le recensioni oneste come questa.

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    1. Non mi permetto di criticare chi sull’argomento ne sa di sicuro più di me, ma l’introduzione alla mia edizione mi è sembrata scritta da una persona con uno sguardo molto diverso dal mio e che ha avuto evidentemente un’esperienza di lettura parecchio diversa dalla mia.
      A fine lettura ho letto diverse analisi interessanti e che hanno riequilibrato la mia opinione, ma confesso di riuscire ad avere un ricordo più positivo de L’idiota perché adesso l’ho messo giù e non sto più faticando le sette camicie tra le sue pagine!😅

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      1. Peccato per l’introduzione: ti capisco perché anche a me sono capitate esperienze simili. Diciamo che bisognerebbe non aver paura di mettere in luce gli aspetti problematici del pensiero di un autore, ma per giudicare dovrei leggere l’introduzione in questione 😉.
        Eh eh, beh il fatto che tu abbia deciso di approfondire comunque la questione ti fa onore. Magari, avrai modo di incontrare “penne russe” più vicine ai tuoi gusti di lettrice e più “rivoluzionarie”😊.

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      2. Quella delle introduzioni è tutta una storia letteraria a parte!🙃
        Be’, dovevo dare un senso a tutta la fatica fatta per arrivare alla fine!😜

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  3. L’ho letto tanti, ma tanti anni fa, e mi piacque moltissimo. Certamente se viste con gli occhi di oggi certe tematiche e certe posizioni di Dostoevskij appaiono superate, affrontate nel modo sbagliato etc, ma non bisogna dimenticare che quest’uomo è vissuto due secoli fa… e che ha scritto alcune delle opere più belle e toccanti della letteratura mondiale.

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    1. Sicuramente, ma io leggo per piacere e a volte incrocio testi che sono “troppo” per la mia sensibilità. Leggerò sicuramente altro di Dostevskij, ma non credo di aver iniziato dal suo romanzo più riuscito.

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  4. Non so nemmeno da dove cominciare a commentare. Ci sono talmente cose sbagliate che hai detto. Del tipo che il femminismo era l’ultimo pensiero di Dostoevskij dato che era un uomo del suo tempo nonostante l’evidente accortezza per la questione femminile. Analizzare ciò che ha ricevuto Nasta’ja con gli occhi di adesso è una cosa proprio sbagliata non c’era la stessa sensibilità e la stessa conoscenza.
    L’impossibilità di “redenzione” per Nasta’ja è data dal fatto che Myskin non è Cristo. Il problema di Myskin è la sua inettitudine, la sua bontà che però diventa idiozia nel mondo moderno perché di fatto non agisce mai.
    Inoltre scusami ma la debolezza del personaggio di Myskin è una sua caratteristica, non per questo il personaggio è debole narrativamente parlando di suo anzi è stato incredibilmente produttivo per la letteratura del Novecento. Per non parlare del rapporto con Aglaia altro rapporto che lo mette in crisi, a proposito di femminismo, perché in quanto uomo preferisce salvare la disonorata traviata che affrontare un rapporto impegnativo e paritario come sarebbe quello con Aglaia. Infatti perde entrambe. Vuole bene a tutti ma non riesce ad amare davvero nessuno, ferendo solamente sia Aglaia che Nasta’ja. L’idiotismo del protagonista tra l’altro fa più che altro riferimento alla sua condizione di epilettico non all’intelligenza vera e propria, anche se si riconnette alla sua inettitudine che ripeto sarà un tema fondamentale del Novecento.

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    1. Mi sembra pleonastico ripetere in ogni recensione in modo palese che sono consapevole quanto diversa sia la mia sensibilità da quella di persone vissute secoli fa: quindi sì, sono consapevole che il femminismo era quanto di più lontano dalla mente di Dostoevskij ci fosse e che anzi era un uomo decisamente avverso a quella che ai tempi si chiamava la “questione femminile”. Ho anche capito perché ha costruito e fatto interagire i suoi personaggi in un certo modo – altrimenti avrei scritto che il romanzo mi ha annoiata perché non l’ho capito. Tuttavia questa comprensione non ha destato il mio interesse e, sebbene il punto di vista dell’autore sia il punto di partenza per analizzare un’opera, è importante chiedersi se un classico ha ancora qualcosa da dirci oggi per cui valga la pena di leggerlo, e non come studiosa, ma come semplice lettrice, quale sono io. Ebbene a questo interrogativo mi sono risposta che era un romanzo interessante al quale applicare il filtro della critica letteraria femminista, che mette al centro i personaggi femminili, storicamente filtrati da autori attraverso il loro sguardo maschile, e analizza la narrazione dal loro punto di vista, anche a discapito dalla volontà del loro creatore. È una prassi critica consolidata da decenni e mi ha dato una chiave di lettura per “L’idiota” per me molto più interessante e costruttiva. Tutto qua.

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      1. Sì però hai anche scritto che Myskin è un personaggio debole quando questo è proprio un errore di interpretazione. Vanja di Umiliati e Offesi già lo avrei capito di più.

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      2. Non proprio. Ho scritto che è “un Cristo senza poteri divini”, il che non vuol dire che è debole, ma che è un normale essere umano, solo estremamente buono.

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