The creeping horror of Paul Tremblay meets Tommy Orange’s There There in a dark novel of revenge, cultural identity, and the cost of breaking from tradition in this latest novel from the Jordan Peele of horror literature, Stephen Graham Jones.

Seamlessly blending classic horror and a dramatic narrative with sharp social commentary, The Only Good Indians follows four American Indian men after a disturbing event from their youth puts them in a desperate struggle for their lives. Tracked by an entity bent on revenge, these childhood friends are helpless as the culture and traditions they left behind catch up to them in a violent, vengeful way.

2021 RHC, Task 5: Leggi un romanzo di genere scritto da un*autorǝ indigenǝ, delle Prime Nazioni o nativǝ americanǝ

Sono un po’ in difficoltà nello scrivervi di questo romanzo perché il mio lato razionale l’ha amato tanto, mentre quello emotivo è rimasto completamente indifferente. Sono comunque contenta di averlo letto, visto che è un genere che frequento poco e ha saputo sorprendermi con elementi che non ricordo di aver letto in nessun altro libro. Quindi se l’idea di leggere un romanzo con una creatura alciforme piena di risentimento che si vendica di un gruppo di amici irrispettosi delle tradizioni della Blackfeet Nation vi alletta, non fatevi sfuggire The Only Good Indians.

Dunque, il primo aspetto che ho apprezzato molto di questo romanzo è stato il suo radicamento nella cultura Blackfeet, che non è solo un elemento di colore, ma è essenziale alla sola esistenza della storia, che si dipana dall’infrazione del rispetto della natura e dei suoi cicli alla vendetta di questa entità, che si muove secondo uno schema sfuggente e opera seguendo un codice morale estraneo e abbastanza spaventoso.

L’altro aspetto interessante è stata la logica che i personaggi seguono nell’avere a che fare con questa creatura che dà loro la caccia. Si tratta di una logica – immagino – frutto della cultura nativa americana e che è molto diversa da quella che potrei seguire io in una circostanza del genere – supponendo naturalmente di non essere uccisa prima di subito perché il mio scetticismo ha bisogno di prove dell’esistenza di una simile creatura prima ancora di iniziare a pensare a come fare per salvare la pelle.

Comunque, questa logica segue percorsi inconsueti e spiazzanti: a volte mi sono ritrovata a rileggere dei passaggi perché non mi era chiaro in che modo si fosse dipanato il ragionamento, non perché non fosse coerente, ma perché si rifaceva a un modo di intendere il mondo che per me non era immediato e dovevo dedurlo dal modo stesso in cui i pensieri dei personaggi si susseguivano. Da questo punto di vista è stata una lettura davvero stimolante.

La nota dolente per me riguarda il mio lato emotivo, che durante la lettura era proprio non pervenuto. È una storia che non mi ha mai spaventato, disgustato o tenuta con il fiato sospeso. Non penso neanche che sia un problema imputabile all’autore: penso che questo genere di storia abbia bisogno di colpire la tua emotività e che ognunə abbia delle sensibilità diverse. Evidentemente The Only Good Indians non ha colpito nessuno dei miei punti sensibili, ma questa cosa non dovrebbe proprio scoraggiarvi se sentite che solletica la vostra curiosità.