Buona Giornata Internazione della donna, prodi seguaci!👭🏿👭🏽👭🏻

Per entrare nel mood della celebrazione, oltre a leggere articoli che mi fanno incazzare come una biscia, questo fine settimana ho iniziato a leggere Donne, razza e classe di Angela Davis.

Né Sarah [Grimke] né Angelina [Grimke] inizialmente si preoccupavano – almeno in maniera esplicita – di mettere in discussione la disuguaglianza che investiva le donne nella società. La loro priorità era quella di mettere in luce l’essenza inumana e immorale del sistema schiavistico e la speciale responsabilità delle donne nella sua riproduzione. Ma una volta iniziati gli attacchi dei suprematisti maschi contro di loro, si resero conto che se non si fossero difese in quanto donne – difendendo in generale i diritti delle donne – sarebbero state escluse per sempre dalla campagna di liberazione degli schiavi. Angelina, che tra le due era l’oratrice più potente, sfidò nelle sue conferenze l’attacco contro le donne. Sara, che era un genio teoretico, cominiciò a scrivere una serie di lettere poi raccolte nell’opera ‘The Equality of the Sexes and the Conditions of Women’.

Completato nel 1838 il saggio di Sarah Grimke rappresenta una delle prime estese analisi della condizione femminile scritta da una donna negli Stati Uniti. Riportando nero su bianco le proprie idee sei anni prima che margaret Fuller pubblicasse la sua nota dissertazione sulle donne, Sarah metteva in discussione l’idea che la disuguaglianza tra i sessi fosse comandata da Dio. «Uomini e donne sono creati uguali: sono entrambi essere umani moralmente responsabili». Contestò in maniera diretta l’accusa dei pastori secondo cui le donne che esprimevano una leadership nei movimenti di riforma sociale fossero contro natura, sostenendo invece che «quel che è giusto per un uomo, è giusto per una donna».

Uscito per la prima volta negli Stati Uniti nel 1981, è considerato uno dei testi pionieristici del femminismo odierno. È con questo fondamentale lavoro infatti che Angela Davis ha aperto un nuovo metodo di ricerca che appare più attuale che mai: l’approccio che interconnette i rapporti di genere, razza e classe.
Il libro sviluppa un saggio scritto in carcere nel 1971, uno studio storico sulla condizione delle afroamericane durante lo schiavismo volto a riscoprire la storia dimenticata delle ribellioni delle donne nere contro la schiavitù. Racconta episodi tragici della storia degli Stati Uniti, frutto di miti ancora in voga come quello dello “stupratore nero” e della superiorità della “razza bianca”, ma anche eccezionali e coraggiosi momenti di resistenza. Attraverso le storie di alcune delle figure chiave della lotta per i diritti delle donne, delle nere e dei neri, e della working class statunitense, ricostruisce i rapporti tra il movimento suffragista e quello abolizionista, gli episodi di sorellanza tra bianche e nere ma anche le contraddizioni tra un movimento prevalentemente bianco e di classe media e le lotte e i bisogni delle donne nere e delle lavoratrici. Tensioni e contraddizioni che si ripresentano di nuovo tra il movimento femminista degli anni Sessanta e Settanta e le afroamericane. La lezione principale di Angela Davis è quella di abbandonare l’idea di un soggetto “donna” omogeneo, nella convinzione che qualsiasi tentativo di liberazione, per essere realmente universalista, deve considerare la storia e la stratificazione delle esperienze e dei bisogni dei diversi soggetti in gioco.
Un testo che offre prospettive cruciali per il rinnovamento profondo di teorie, linguaggi e obiettivi del movimento femminista, in una fase storica come quella odierna segnata da una presenza crescente di donne migranti in Italia e in Europa, e un sempre più allarmante ritorno del razzismo.