Copertina di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di Christiane F.: c'è il cartello della fermata della metro dell'Alexanderplatz di Berlino.

Berlino, anni Settanta, quartiere dormitorio di Gropiusstadt. Christiane F. ha dodici anni, un padre violento e una madre spesso fuori casa. Inizia a fumare hashish e a prendere Lsd, efedrina e mandrax. A quattordici anni per la prima volta si fa di eroina e comincia a prostituirsi. È l’inizio di una discesa nel gorgo della droga da cui risalirà faticosamente dopo due anni. La sua storia, raccontata ai due giornalisti del settimanale “Stern” Kai Hermann e Horst Rieck, è diventata un caso esemplare, una denuncia dell’indifferenza della nostra società verso un dramma sempre attuale. Una testimonianza cruda, la fotografia di un’epoca. Postfazione di Vittorino Andreoli.

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Le droghe non hanno mai suscitato una grande attrattiva su di me e, pur essendo venuta in contatto con molte persone che ne faceva uso, ammetto di non essere mai andata oltre le conoscenze minime che mi permettono di avere almeno un’idea generale della questione. Non sapevo quindi granché su Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino tranne il fatto che fosse il memoir di una ragazza diventata tossicodipendente negli anni Settanta.

Decidere di leggerlo è stato il guizzo di un momento: me lo sono ritrovata in mano usato e l’ho aggiunto alla lista degli acquisti. Non penso ci sia bisogno di specificare che si tratta di un libro molto crudo, ma stranamente non è stato il racconto della dipendenza a impressionarmi, ma il contesto entro il quale questa è nata e si è sviluppata.

Fatte, infatti, le dovute differenze di momento storico, il contesto è pressoché identico a oggi: abbiamo la percezione che il problema sia stato risolto perché non siamo attualmente in una fase emergenziale evidente, ma le cause che hanno dato il via al fenomeno sono ancora lì. Anzi, per certi versi sono ancora più esasperate – basta pensare ai livelli di consumismo e di individualismo selvaggio che abbiamo raggiunto – e ho l’impressione che basti davvero poco perché la crisi scoppi di nuovo. D’altro canto, basta allargare un po’ lo sguardo e troviamo il dramma della dipendenza da fentanyl negli USA e in Canada o da kush in Sierra Leone e Liberia e dai dati appare chiaro come il mercato illegale delle droghe sia più florido che mai.

Non siamo nemmeno particolarmente bravə a trattare le dipendenze da sostanze: se è vero che abbiamo strumenti e terapie migliori per curare le persone dipendenti da sostanze, è altrettanto vero che si tende più a considerarla una questione di sicurezza e ordine pubblico piuttosto che un problema sanitario, con tutto il carico di disprezzo che segue per quella che viene considerata una debolezza imperdonabile e un vizio ignobile.

Leggere oggi Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino è scoraggiante per la constatazione di quanto sia esaurita la spinta a voler diventare una società migliore che tenta di non lasciare indietro nessunə e che aspira a una collettività unita e capace di prendersi cura dei suoi membri.

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Valutazione del libro: quattro stelline gialle

8 risposte a “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di Christiane F.”

  1. Adoro il libro e per quanto apprezzi anche il film, mi è sempre dispiaciuto come abbiano lasciato fuori altre tematiche sociali che parlavano proprio dei problemi dei vari personaggi e di come la società non volesse accettare ragazzi che avevano avuto trascorsi con la droga. Il libro ti lascia distrutto ma ti fa anche riflettere e trovo ammirevole il coraggio dell’autrice nel voler raccontare tutto quello che le è successo.

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    1. Non ho visto il film, quindi non saprei dire, però ho apprezzato molto che il libro mostri che la tossicodipendenza non piova dal cielo, ma trovi terreno fertile in un certo tipo di contesto.

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  2. Concordo, il libro ha un senso più complesso del film, che comunque, all’epoca, mi aveva molto colpito. Infatti avevo prima visto il film e poi, incuriosita, letto il libro.

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    1. Difficile rimanere indifferenti: F. era davvero piccola quando è diventata dipendente.

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  3. Credo di averlo letto più o meno appena uscito.

    Nel quartiere dove vivevo c’erano un po’ di tossicodipendenti, c’erano altri che facevano marchette (si diceva così). Quando i miei amici sono passati dalle canne a sniffare eroina li ho persi di vista. La situazione era molto degradata

    Hai ragione: ambienti degradati così ce ne sono ancora, forse peggio perché i ragazzi sono più disillusi e scoraggiati, una crisi simile può scoppiare in qualsiasi momento, le basi perché succeda ci sono tutte.

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    1. Non ho vissuto quel periodo in prima persona, ma dev’essere stata dura allontanarsi dai propri amici così 🫂

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  4. Anch’io l’ho letto, anni e anni fa. Certamente le droghe e le situazioni di grave sofferenza ci sono ancora, ma penso che il periodo anni ’80-90 per l’eroina sia stato veramente terribile.

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    1. Sicuramente, anche per il carattere di novità che ha complicato la gestione della crisi.

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