Buon giovedì, prodi seguaci.

Come sapete oggi è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e nel mio piccolo ho pensato di dare risonanza ai dati italiani.

Dai dati raccolti da D.i.Re, il gruppo di 84 organizzazioni sul territorio italiano, che gestiscono oltre 100 Centri antiviolenza e più di 50 Case rifugio, nel 2020 sono state accolte complessivamente 20.015 donne; di queste 13.390 sono state donne accolte per la prima volta.

Si tratta per lo più di donne italiane (solo il 26% è straniera), oltre la metà (54,7%) ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni, una donna su tre è a reddito zero (32,9%) e meno del 40% può contare su un reddito sicuro.

Soltanto il 27% delle donne accolte decide di avviare un percorso giudiziario. Pochissime, ma sappiamo tristemente dalle cronache e dall’esperienza quotidiana che rivolgersi alle autorità non garantisce un lieto fine e che spesso significa soltanto subire altra violenza, sia dal maltrattante, sia dal contesto sociale.

Le forme di violenza esercitata sulle donne sono sopratutto quella psicologica, (subita dal 77,3% delle donne) e quella fisica (subita dal 60% circa dei casi). La violenza economica viene esercitata sul 33,4% dei casi, mentre la violenza sessuale e lo stalking riguardano percentuali più basse (rispetivamente il 15,3% e il 14,9%,).

Il maltrattante è quasi sempre il partner (60,2% dei casi) oppure l’ex partner (22,1%). Questo significa che nel 72,3% dei casi la violenza viene esercitata da un uomo in relazione con la donna. Se si aggiunge la percentuale dei casi in cui l’autore è un familiare si arriva alla quasi totalità (82,3%). Molto raramente è un conoscente o un collega o un amico e quasi mai un estraneo.

Si tratta, quindi, di violenze agite prevalentemente da persone in forte relazione con la donna, quindi dirette ad esercitare e a mantenere una relazione improntata al controllo e alla sopraffazione sulla partner.

Dalla comparazione con i dati degli anni precedenti, si osservano percentuali pressoché uguali, visto che, se anche qualcosina di muove dal punto di vista legislativo, non è che le istituzioni si stiano sforzando granché di cambiare la cultura patriarcale e stiano inondando i centri antiviolenza di fondi (che, anzi, sono sempre più risicati). Anzi, il GREVIO, il Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa, nel suo report sull’Italia in merito all’applicazione della Convenzione di Istanbul, rileva come ci siano segnali preoccupanti di regresso che mettono in pericolo quanto ottenuto finora.

Nel secondo trimestre del 2021, le telefonate al 1522, il numero antiviolenza, continuano ad aumentare rispetto al precedente trimestre, anche se in maniera contenuta (8.508 chiamate valide +6,7%). Tra i motivi che inducono a contattare il numero verde continuano a prevalere le chiamate inerenti le “richiesta di aiuto da parte delle vittime di violenza” e le “segnalazioni per casi di violenza” che insieme costituiscono il 44,8% (3.812) delle chiamate valide. Tuttavia, nel secondo trimestre, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, esse sono diminuite del 25%, così come le chiamate per avere informazioni sul numero 1522 (-19,2%). Il confronto con il secondo trimestre del 2020, caratterizzato dal periodo di lockdown, conferma ulteriormente quanto la permanenza continuativa tra le mura domestica abbia inciso sul fenomeno della violenza.

E infine ci sono le donne uccise. Tante, troppe. In aumento e in controtendenza rispetto alla diminuzione degli omicidi totali nel nostro Paese.

Un fenomeno radicato e strutturale, quello della violenza sulle donne: sarebbe l’ora di inziare a prenderlo sul serio e non farci solo il bel pensierino nelle giornate dedicate.

10 risposte a “I dati sulla violenza sulle donne e di genere”

  1. A me fa ancora strano che la maggior parte delle violenze sia da parte del partner. Capisco di più l’ex partner o uno sconosciuto, riesco a immaginarmi le possibili ragioni per cui avvengano, ma un convivente che motivi avrebbe? Ok, ci sarà qualche caso di tradimento, ma tutti gli altri? Mi sfugge proprio il ragionamento che c’è dietro, se così possiamo chiamarlo.

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    1. Della serie “Mi sveglio al mattino e picchio mia moglie tanto per”. 🙄
      Prima di arrivare a ciò dovrebbe pure esserci una fase in cui si capisce di non andare d’accordo, se ne parla e ci si lascia. È meglio portare avanti la propria frustrazione arrivando agli abusi? Non credo proprio.
      Boh.

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      1. Eccomi!😅 Purtroppo si tratta di dinamiche psicologiche insidiose e che creano dipendenza: dall’esterno è – relativamente – facile riconoscerle, ma quando ci sei dentro diventano un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Persino donne allenate, per così dire, a riconoscere la violenza, sono finite in relazioni tossiche e violente: oltre imparare a riconoscere certe dinamiche, è importante anche capire che nessunǝ ne è davvero al riparo, in modo che non si aggiunga anche quella vergogna alla difficoltà di chiedere aiuto per uscirne.

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  2. “sarebbe l’ora di inziare a prenderlo sul serio e non farci solo il bel pensierino nelle giornate dedicate”: è proprio questo il problema, nelle giornate a tema ci si rispolvera la coscienza dando l’illusione di avere a cuore un problema, salvo poi continuare a smentirsi con i fatti per il resto dell’anno. Da quando lavoro nella scuola ho toccato con mano un sacco di situazioni terribili, di uomini che hanno reso tossiche le case in cui vivono e che hanno usato violenza di tutti i tipi su moglie e figli. Ce n’è abbastanza da far abbattere chiunque, soprattutto perché sembra una piaga indistruttibile.

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    1. Da studente, mi ricordo anch’io di compagni e compagne che vivevano situazioni di violenza a casa e della sostanziale impotenza della scuola. È già brutto viverla da compagna di classe, non immagino come sia da insegnante. Finché non ci mettiamo in testa che non basta punire, ma bisogna creare i presupposti culturali perché non accada proprio e dare maggiori risorse ai centri antiviolenza, non ne usciremo mai.

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  3. Certo che, sarà stato lunedì, ma la ministra Bonetti che parla sul tema, nella Giornata dedicata, in Parlamento, davanti a un’aula con presenti 8 su 630 membri…la Ministra avrebbe fatto meglio a rifiutarsi di parlare a andarsene.
    Mi correggo: avrebbe DOVUTO.

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    1. Sì, è stata una scena piuttosto desolante.

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  4. Questi dati sono non solo allarmanti ma anche inquietanti. Troppe donne subiscono violenze e si fa troppo poco per risolvere il problema. Non solo non si fa poco a livello giudiziario ma anche a livello culturale. Siamo un Paese tremendamente maschilista e dobbiamo cambiare le cose.

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    1. Soprattutto a livello culturale. Poco importa delle pene severe se le donne ormai sono ferite a vita o addirittura morte.

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      1. Esatto. Inoltre il problema viene sempre sminuito e come se non bastasse ancora si tende a dare la colpa alla vittima.

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