Città reali scomposte e trasformate in chiave onirica, e città simboliche e surreali che diventano archetipi moderni in un testo narrativo che raggiunge i vertici della poeticità.

Cosa si può scrivere de Le città invisibili? O di Calvino in generale? Se come me amate le prose senza fronzoli e di quella semplicità che riesce come nient’altro a raccontare la matassa inestricabile delle cose della vita e della morte, non mancate di leggervi qualcosa di Calvino.

Le città invisibili è una guida alle città dei territori sotto il dominio di Kublai Kan, che si fa raccontare da Marco Polo le loro caratteristiche. Nella lettura, è facile scoprire somiglianze con le nostre città e noi abitanti, in un intreccio che ci rivela parti di noi stessз, a loro volta riflesse negli spazi che abitiamo.

È per questo che ogni rilettura de Le città invisibili ci dirà qualcosa di diverso: in momenti diversi della nostra vita avremo bisogno di concentrarci e riflettere su fili diversi della matassa e sentiremo più vicina quella o quell’altra città, quello o quell’altro scambio tra Kublai Kan e Marco Polo.

A questo giro non ho potuto fare a meno di essere colpita dalle possibilità perse, dalle città malate e dall’importanza di vedere gli sprazzi di luce e farli brillare nonostante il fumo acre degli incendi.

Solo se conoscerai il residuo d’infelicità che nessuna pietra preziosa arriverà a risarcire, potrai computare l’esatto numero di carati cui il diamante finale deve tendere, e non sballerai i calcoli del tuo progetto dall’inizio.

Grazie, Calvino. Alla prossima.

5 risposte a “Le città invisibili di Italo Calvino”

  1. […] Le città invisibili di Italo Calvino — La siepe di more […]

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  2. Molto Borges, come idea e prosa. Lettura molto piacevole, comunque

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    1. Sicuramente, Borges è uno degli autori che influenzarono Calvino.💚

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