I “Monologhi” si sviluppano intorno agli argomenti naturalmente associati alla vagina (sesso, mestruazioni, parto) come a quelli, dolorosi e scottanti, dell’attualità (violenze, pulizia etnica). Ma cercano anche di dare una risposta a domande più fantasiose: “Se la tua vagina parlasse, cosa direbbe?”; oppure: “Se la tua vagina si vestisse, cosa indosserebbe?”. Per la prima volta è la vagina che prende la parola. E la sua può essere una storia seria, divertita, shoccante, fantasiosa o drammatica: dalla donna bosniaca stuprata all’anziana signora di settant’anni che scopre l’orgasmo multiplo in una vasca da bagno, passando per ragazze curiose, bambine violate, professioniste del piacere femminile e severe manager in tailleur. Con humour trasgressivo, donne di ogni età, razza, classe sociale e religione provano a dare il loro contributo a questa originale presa di coscienza, smettendo di vergognarsi del proprio sesso e della propria sessualità.
È un po’ difficile parlare di questo testo, perché entrano in gioco fattori diversi. Il primo è certamente quello della sua importanza storica come prima pietra di un progetto volto a sradicare la violenza contro le donne e le vagine (vi consiglio un giretto sul sito del progetto, vday.org). Già in quest’edizione speciale, in occasione dei dieci anni dei Monologhi, si racconta dei risultati ottenuti dalla recitazione della pièce e dal movimento del V-day.
Poi c’è lo sdoganamento della parola vagina, della quale cosa sono molto grata a Eve Ensler, perché sono cresciuta senza pensare che vagina fosse un brutta parola da non dire in pubblico e da sussurrare in privato. Siccome non è ancora così in tutte le famiglie e in tutte le società, sono felice che il progetto di Ensler continui a far parlare le vagine di tutto il mondo.
E a proposito del fatto che si tratti di una pièce teatrale: non l’ho mai vista (e ascoltata) recitata e sono ragionevolmente certa che faccia una differenza enorme in questo caso. Parecchi monologhi, infatti, letti su carta, nella propria stanza (o dovunque li leggiate), secondo me, non conservano la potenza che avrebbero se recitati su un palco e di conseguenza risultano piatti.
Non penso, però, sia un testo ignorabile se si ha intenzione di leggersi quanto di interessante ha prodotto il femminismo in termini di letteratura e non fiction (e, soprattutto, sarebbe bello se googlare V-Day in Italia desse come primo risultato le varie iniziative contro la violenza di genere e non giornate dedicate alla demagogia libera).
Sai che è tanto che vorrei vedere la piace teatrale? Non ci sono ancora riuscita
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Anch’io, ma finisce sempre che la rappresentano quando non posso andare a vederla…
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Forse l’essere abituata a leggere testi teatrali (vedi Dekker, Shakespeare etc) mi ha abituata a riuscire a riprodurre la “performance”, a visualizzarla, non so se mi spiego, anche senza vederla dal vivo. Certo, lo spettacolo vero e proprio deve avere una carica emotiva, una potenza maggiore.
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Immagino di sì. Mi piacerebbe tanto vedere lo spettacolo dal vivo, ma finora non ci sono mai riuscita.
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