Buon lunedì, prodi seguaci!🧬

Mi sono presa una settimana di pausa, ma eccomi di nuovo qui con una citazione da La concezione anarchica del vivente di Jean-Jacques Kupiec.

La genetica idealizza la vita supponendo che essa sia intrinsecamente ordinata. Questo presunto ordine vitale si basa sulla dualità tra il fenotipo visibile, composto da caratteri, e il sottostante genotipo, fatto di geni. Secondo la genetica in quanto teoria causale (ccg), la relazione fra geni e caratteri sarebbe specifica: ogni carattere sarebbe determinato da un gene specifico, o da più geni specifici. Ma le relazioni reali fra geni e caratteri non sono specifiche. I caratteri non si possono spiegare semplicemente con i geni per via del disordine nella relazione fra geni e caratteri. Ciò conduce a un’interpretazione empirica debole del ruolo dei geni: invece di essere considerati un legame causale, la relazione fra geni e caratteri viene ridotta a mera correlazione (cdg). A livello molecolare, la ccg suppone che la specificità della relazione fra geni e caratteri si basi sulla stereospecificità delle proteine e delle sequenze di dna, che consentirebbe interazioni molecolari ordinate. Ma nemmeno questo ordine molecolare esiste. Le interazioni fra proteine, o fra proteine e dna, non sono spontaneamente specifiche. È allora giocoforza constatare che la genetica è una teoria essenzialista nella sua struttura e nella maniera in cui opera.

Copertina di La concezione anarchica del vivente di Jean-Jacques Kupiec: raffigura un tralcio d'uva con vari insetti, tra cui una farfalla e una falena. Si tratta del dettaglio di Insecten en vruchten di Jan van Kessel the Elder

La genetica è nata e si è sviluppata su un presupposto deterministico: la stabilità del gene e la sua trasmissibilità ereditaria. Eppure tutta la biologia contemporanea ci parla della variabilità come di una condizione permanente ed essenziale dell’essere vivente che non può essere ridotta a puro rumore o fluttuazione: il caso non è un accidente che perturba il processo deterministico. Nel vivente non c’è un ordine stabilito bensì un disordine organizzato che rende possibile la vita e la sua evoluzione. Ampliando il campo di applicazione dell’ontologia darwiniana, che assume la variazione aleatoria come forza motrice del processo evolutivo, Kupiec delinea una concezione anarchica del vivente che contesta l’idea di un ordine cogente inscritto nei geni. Gli organismi non sono società centralizzate di cellule che obbediscono al genoma o all’ambiente esterno, ma comunità cellulari autogestite che vivono per sé stesse e che per mantenere le proprie funzioni vitali sono spinte a cooperare, realizzando delle vere e proprie reti di mutuo appoggio. Ed è questa la nuova via che deve intraprendere la ricerca biologica per uscire dalle secche in cui l’ha spinta la genetica.

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