1794. Parigi ha solo notti senza luna. Marat, Robespierre e Saint-Just sono morti, ma c’è chi giura di averli visti all’ospedale di Bicêtre. Un uomo in maschera si aggira sui tetti: è l’Ammazzaincredibili, eroe dei quartieri popolari, difensore della plebe rivoluzionaria, ieri temuta e oggi umiliata, schiacciata da un nuovo potere. Dicono che sia un italiano. Orde di uomini bizzarri riempiono le strade, scritte enigmatiche compaiono sui muri e una forza invisibile condiziona i destini, in città e nei remoti boschi dell’Alvernia. Qualcuno la chiama “fluido”, qualcun altro Volontà. Guarda, figliolo: un giorno tutta questa controrivoluzione sarà tua. Ma è meglio cominciare dall’inizio. Anzi: dal giorno in cui Luigi Capeto incontrò Madama Ghigliottina.

Dopo la delusione di Q, ci ho messo molti anni prima di riprendere in mano un libro scritto da Wu Ming come collettivo, nonostante abbia continuato a frequentare il loro blog e abbia letto altre loro cose; ma devo dire che L’armata dei sonnambuli mi è davvero piaciuto tanto. Mi è sembrato di leggere un romanzo dell’Ottocento, ma con il pregio di non dover fare lo slalom tra concetti datati e irritanti.

L’armata dei sonnambuli racconta la rivoluzione francese focalizzandosi sul ribollire delle idee – e delle conseguenti azioni – di libertà, uguaglianza e fraternità che si opposero al potere dell’Ancien Régime. Ho apprezzato molto che si vedano in nuce e quasi di sfuggita molte idee che sono radicali ancora oggi, ma che allora non potevano essere strutturate come siamo abituatз a incontrarle. Ma sono già lì, a sobbollire informi nella rabbia dellз oppressз davanti al potere che schiaccia e non ammette dissenso.

I tre personaggi principali, nonostante siano la rappresentazione di libertà, uguaglianza e fraternità, non sono affatto allegorie vuote volte a mostrare la nobiltà dei concetti, ma persone di sangue e carne, che compiono sì gesta eroiche (nel senso supereroistico pop del termine), ma si ritrovano anche a fare i conti con il fatto di non avere abbastanza potere per poter davvero cambiare il loro mondo e a faticare semplicemente nel tirare a campare. Tutto quello che possono fare è non arrendersi quando le cose vanno male, quando il mondo non va nella direzione per la quale avevano lottato e già perso così tanto e riprendersi dallo sbandamento.

Essendo un romanzo ben piantato nella storia (Wu Ming in questo sono sempre una garanzia), sappiamo già che i i nostri protagonisti non otterranno la società dei loro sogni, eppure non li si può proprio definire perdenti. Un po’ perché è gente come noi che vuole solo vivere in pace e con dei mezzi adeguati, un po’ perché a quanto ne sappiamo la guerra contro il potere non è di quelle che si possono vincere in via definitiva: si vince qualche battaglia al massimo, se ci va bene e le circostanze sono favorevoli, prima di essere spazzatз via dalle onde del tempo (a meno che non ci vada particolarmente bene e un collettivo Wu Ming del futuro non si metta a spulciare negli archivi e si interessi per caso al nostro nome).