Buon lunedì, prodi seguaci.
Oggi vi scrivo di violenza di genere: se non vi va di continuare la lettura, ci risentiamo domani!
Giovedì scorso è uscita un’inchiesta di Fanpage dove una donna, chiamata Ambra per tutelarne la privacy, racconta di aver subito diversi abusi da un senatore della Repubblica, del quale non viene parimenti fatto il nome perché, spiega Fanpage in un articolo successivo uscito il 17 settembre, coerente con la decisione di proteggere l’identità di Ambra in modo da non esporla a intimidazioni e ritorsioni. Nel frattempo, però, l’identità del senatore aveva iniziato a circolare comunque e alla fine è stata confermata dal suo leader di partito, Carlo Calenda, accorso in suo soccorso: si tratta di Matteo Richetti.
Ovviamente, come qualunque altrǝ comune cittadinǝ di questo Paese, non ho modo di verificare che le accuse di Ambra siano vere o meno: devo fidarmi del lavoro di Fanpage, che sono consapevole non essere il New York Times, ma non stiamo nemmeno parlando di Novella2000. Dubito che abbiano pubblicato un’inchiesta del genere senza verificare quello che stava raccontando loro Ambra, laddove possibile.
Quello che sento il bisogno di mettere nero su bianco, però, è un commento alle reazioni all’inchiesta.
L’anonimato
Il primo punto riguarda la polemica dell’anonimato: Ambra sarebbe andata da Fanpage a vomitare accuse su Richetti senza metterci la faccia e il giornale glielo ha pure permesso. Sembra non si abbia contezza del fatto che esistano le Raccomandazioni della Federazione Internazionale dei giornalisti – Ifj per l’informazione sulla violenza contro le donne articolate in dieci punti:
- Identificare la violenza inflitta alle donne in maniera esatta.
- Utilizzare un linguaggio esatto e libero da pregiudizi.
- Le persone colpite da questo genere di trauma non sempre desiderano venir definite “vittime”, a meno che non utilizzino esse stesse questa parola.
- Un reportage responsabile implica l’assunzione dei bisogni della sopravvissuta anche al di là dell’intervista.
- Trattare la sopravvissuta con rispetto.
- L’uso di statistiche e informazioni sull’ambito sociale permette di collocare la violenza nel proprio contesto, entro una comunità o un conflitto.
- Raccontare la vicenda per intero.
- Difendere la riservatezza: fra i doveri etici dei giornalisti c’è la responsabilità di non citare i nomi o identificare i luoghi la cui identificazione potrebbe mettere a rischio la sicurezza e la serenità dei sopravvissuti e dei loro testimoni. Una posta particolarmente importante allorché i responsabili della violenza sono forze dell’ordine, forze armate impegnate in un conflitto, funzionari di uno stato o d’un governo o infine membri di organizzazioni potenti.
- Utilizzare le fonti locali.
- Fornire informazioni utili.
Immagino vi sia chiaro perché ho riportato per esteso il punto 8. Non solo il presunto abusatore è un senatore della Repubblica, ma avrebbe anche coinvolto le forze dell’ordine per intimidire la sua vittima. C’è un evidente squilibrio di potere di cui Fanpage ha preso atto e ha deciso, di concerto con la sua fonte, di tutelare la sua identità. Chi la trova una pratica sospetta e immorale non ha evidentemente contezza di cosa sia la violenza di genere e in che modo vada affrontata: un’ignoranza che nel 2022 trovo inaccettabile, soprattutto in persone che si candidano a rappresentare anche persone che si identificano nel genere femminile.
La denuncia
Stando ai dati della rilevazione D.i.RE per il 2020 solo il 27% delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza intraprende un percorso giudiziario. È uno di quei dati che nelle feste comandate, 8 marzo e 25 novembre, fanno piovere fiumi di belle parole e promesse di rendere l’Italia un Paese attento alla discriminazione e alla violenza di genere.
Mi fa quindi specie vedere che la difesa di Richetti è incentrata sul fatto che avrebbe denunciato proprio Ambra per stalking, asserendo che non sia nuova a falsificazioni, mentre lei non lo avrebbe mai denunciato e quindi sarebbe per forza di cose una calunniatrice. A parte che questa difesa ha dei problemi di coerenza, come evidenziato in un editoriale di Domani, e si rifà al solito teatrino secondo il quale l’uomo è innocente fino a prova contraria mentre la donna è colpevole perché non è stata zitta al suo posto, davvero un uomo accusato di un crimine tanto grave si limita a ribadire di aver fatto una denuncia contro ignotз per stalking? Una denuncia che a lui, uomo di potere, non costa niente? Davvero non ha detto che sarebbe andato subito dalle forze dell’ordine con telefono, computer e tablet per dimostrare la sua innocenza?
Davvero vogliamo ignorare che alle donne spesso la denuncia viene sconsigliata perché pericolosa per la loro stessa incolumità se il loro abusatore ha molto potere? Davvero vogliamo ignorare che le denunce delle donne vengono prese sottogamba, spesso con esiti drammatici?
Le forze dell’ordine
Vogliamo anche ignorare il fatto che Ambra si sarebbe trovata la polizia all’uscio di casa con un mandato di perquisizione senza nessuna motivazione valida se non quella di intimidirla? Se la sua storia è vera, dove avrebbe potuto andare a sporgere denuncia davanti all’evidenza che le forze dell’ordine non erano dalla sua parte? Cambiare commissariato le avrebbe dato la certezza di essere ascoltata, creduta e sostenuta?
Le nostre forze dell’ordine già non sono famose per la specchiata moralità (è solo di pochi giorni fa la notizia di un uomo che durante una perquisizione si è “inspiegabilmente” lanciato dalla finestra della sua abitazione, notizia arrivataci grazie alla famiglia e a un’interrogazione parlamentare): se a questo aggiungiamo anche una scarsa formazione nella gestione dei casi di violenza di genere, abbiamo la tempesta perfetta affinché le denunce rimangano basse.
Sembra incredibile doverlo specificare, ma una donna che ha subito e/o subisce violenza di genere non ha come priorità quello di essere l’eroina che farà condannare l’uomo cattivo: la sua priorità è essere al sicuro. Se denunciando non ha questa certezza, anzi sente che la sua sicurezza potrebbe essere messa maggiormente a rischio, perché denunciare?
Il processo
Nemmeno arrivare al processo garantisce di avere giustizia.
Mi è venuto in mente che si assolvono due ragazzi dall’accusa di stupro perché quella ragazza a loro non piaceva e si specifica che in effetti è davvero bruttina.
Mi è venuto in mente che si assolve un ragazzo dall’accusa di stupro perché la ragazza lo ha provocato. E poi non aveva dei jeans di qualità, ovvio che la cerniera abbia ceduto.
Mi è venuto in mente che si ritiene normale che un marito sia violento con la moglie per forzare quella resistenza normale che la donna eserciterebbe dopo anni di matrimonio.
In virtù di tutto questo, dovrei ritenere sospetto che una donna che racconta di essere stata vittima di abusi da parte di un senatore non abbia sporto denuncia?
Sorella, io ti credo
Uno degli strumenti che il femminismo ha messo in piedi con contrastare la cultura patriarcale e omertosa che permette agli uomini violenti di farla franca è una dichiarazione di fiducia e di solidarietà: siccome mi ha raccontato di un abuso di cui sei stata vittima, ti credo e ti supporto nel tuo percorso. Come in generale si crede a qualunque persona ci racconta di aver subito un qualunque crimine o ingiustizia, che sia un furto o essere scavalcatз in fila alle Poste.
Non si tratta di una pretesa di condanna senza processo, come tanti piccoli ometti spaventati e le loro fedeli ancelle vanno paventando: si tratta di sovvertire la consuetudine che vede la versione dell’uomo più attendibile di quella della donna, che viene prontamente delegittimata e schernita, e di creare un ambiente nel quale ogni donna si senta abbastanza sicura da poter denunciare qualunque tipo di violenza abbia subito.
D’altro canto, poi, i dati smentiscono il panico morale da falsa accusa di stupro: sono pochissime ed è estremamente improbabile che rovinino la vita di qualcuno perché se ne attesta ben presto la falsità.
Quello che è certo
L’unica cosa che mi sembra certa in questa vicenda è che lз nostrз politichз sono molto lontanз dalla presa di coscienza di cosa sia la violenza di genere, della sua gravità, dei modi in cui si consuma e di come affrontarla. A me, cittadina ed elettrice, è arrivata solo l’arroganza del potere che può fare e disfare a piacimento solo perché ne ha i mezzi: anche se Richetti fosse dalla parte ragione, avrei voluto vedere questa vicenda trattata con più delicatezza e con la consapevolezza che una comunicazione aggressiva rischia di avvelenare un clima già sfavorevole alle denunce e intimidire le vittime di violenza che avrebbero bisogno di aiuto, non di gente che urla solo perché ha un megafono in mano.
Come darti torto. Purtroppo la situazione è questa. Mi chiedo sempre come sia possibile che noi uomini, nati da donna, riusciamo a diventare poi così. Non tutti per fortuna, ma senza dubbio una percentuale sempre troppo alta
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E purtroppo è anche una situazione difficile da cambiare.
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Vabbè, è l’Italia. Un paese ancora adolescente, pure con l’acne.
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Sì, è l’Italia. A volte è più difficile di altre.
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Irredimibile Italia.
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Direi che è l’ennesimo brutto capitolo di una brutta, bruttissima campagna elettorale. A pochi giorni dal voto, si pretende che chi scrive sui giornali non faccia più inchieste, soprattutto se sono scomode.
Leggo spesso Fanpage: nei loro articoli si dà spesso voce alle donne, mettendo al centro questioni importanti come l’assenza di un’educazione che porti ad avere coscienza della violenza di genere, delle discriminazioni di genere e della necessità di non associare automaticamente alle donne il ruolo di cura.
Buon lunedì anche a te e a domani.
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Onestamente, non conosco granché Fanpage, tranne per qualche articolo qua e là. Però ho visto che la vicenda è andata avanti ancora in oggi in maniera ancora più sconcertante. Sono basita dal giornalismo italiano: non dovrei, perché ormai dovrei esserci abituata, ma lo sono lo stesso.
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Che schifo. Tra l’altro chissà quante altre vicende simili saranno capitate di cui non sappiamo niente (e gogne del genere di certo non aiutano la situazione). Poi mi chiedono perché preferisco le piante alle persone.
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Non me lo immagino come il luogo più sicuro dove lavorare, in effetti.
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Oltretutto, privilegio at its finest
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