Linus Baker è un assistente sociale impiegato al Dipartimento della Magia Minorile. Il compito che esegue con scrupolosa professionalità è assicurarsi che i bambini dotati di poteri magici, cresciuti in appositi istituti in modo da proteggere quelli “normali”, siano ben accuditi. La vita di Linus è decisamente tranquilla, per non dire monotona: vive in una casetta solitaria in compagnia di una gatta schiva e dei suoi amati dischi in vinile. Tutto cambia quando, inaspettatamente, viene convocato nell’ufficio della Suprema Dirigenza. È stato scelto per un compito inconsueto e top secret: dovrà recarsi su un’isola remota, Marsyas, e stabilire se l’orfanotrofio diretto da un certo Arthur Parnassus abbia i requisiti per rimanere aperto. Appena mette piede sull’isola, Linus si rende conto che i sei bambini ospitati nella struttura sono molto diversi da tutti quelli di cui ha dovuto occuparsi in passato. Il più enigmatico tra gli abitanti di Marsyas è però Arthur Parnassus, che dietro ai modi affabili nasconde un terribile segreto. Un’incantevole storia d’amore ambientata in una realtà fantastica, meravigliosamente narrata, su cosa significhi accorgersi che, a volte, si può scegliere la vita che si vuole. E, se si è abbastanza fortunati, magari quella vita ci sceglie a sua volta.

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So che la stragrande maggioranza dei pareri su questo romanzo verte sul fatto che sia molto tenero e dolce – e avendo già letto altro di Klune non ne sono sorpresa – ma l’aspetto che mi ha colpito di più è il fatto che La casa sul mare celeste mi è sembrato una critica al queerbaiting di J.K. Rowling e al modello piuttosto conservatore di famiglia che emerge dalla saga di Harry Potter. E se siete tra coloro che non nutrono simpatia per il comportamento di Silente nei confronti di Harry Potter, correte a procurarvi questo libro.

Klune non ha mai fatto mistero di ritenere che, se vuoi scrivere un personaggio gay, allora rendilo esplicitamente tale all’interno della storia, non uscirtene anni dopo la fine della saga con un Ah, comunque io Silente l’ho pensato gay. È vero che fino a tempi molto recenti scrivere un libro per ragazzз con un personaggio apertamente gay sarebbe stato impensabile – e quindi nessuna CE avrebbe approvato una scelta simile da parte di un’autrice sconosciuta – ma è anche vero che il potere contrattuale di Rowling nel tempo è cresciuto abbastanza da portarmi a pensare che avrebbe potuto fare qualcosa se la questione le fosse davvero stata a cuore (I doni della morte è del 2007, proprio il periodo in cui le cose inziavano a cambiare in questo senso).

Klune deve pensarla un po’ nello stesso modo perché ha fatto sì che La casa sul mare celeste avesse il suo Silente esplicitamente gay e che fosse anche un Silente portatore di un modello familiare sano, dove anche l’amore paterno viene celebrato, laddove in Harry Potter veniva piuttosto svalutato – e capisco che sia un riflesso delle terribili esperienze di vita di Rowling, ma la figura di Madre Santa© di Lily Evans non fa un favore alla rappresentazione delle donne.

Ho appprezzato molto che per fare questo Klune non abbia scritto una specie di anti-Harry Potter, ma una storia originale con alcuni riferimenti alla saga di Rowling (dettagli che potremmo chiamare fan service, se si trattasse di omaggi): uno in particolare mi è sembrato così sfacciato che sono portata a chiedermi se non sono io ad avere le traveggole, visto che mi sento molto sola in questa mia interpretazione.

Per quanto riguarda il difetto più grande de La casa sul mare celeste, che moltз hanno identificato con un eccesso di zuccherosità, secondo me, sta nel fatto che Klune lo ha scritto in un tempo ridicolmente breve – se non ricordo male, appena tre mesi – e, se se la fosse presa con più calma, magari si sarebbe reso conto che il suo coinvolgimento per le tematiche che affronta ha preso il sopravvento sul suo talento di scrittore e molti dei discorsi appassionati dei personaggi risultano grezzi e piuttosto ingenui anche per una storia di questo tipo. Un gran peccato, per me che l’ho trovato un romanzo così interessante.