
“There is more life packed on each page of Ordinary Girls than some lives hold in a lifetime.” —Julia Alvarez
Ordinary Girls is a fierce, beautiful, and unflinching memoir from a wildly talented debut author. While growing up in housing projects in Puerto Rico and Miami Beach, Jaquira Díaz found herself caught between extremes: as her family split apart and her mother battled schizophrenia, she was surrounded by the love of her friends; as she longed for a family and home, she found instead a life upended by violence. From her own struggles with depression and sexual assault to Puerto Rico’s history of colonialism, every page of Ordinary Girls vibrates with music and lyricism. Díaz triumphantly maps a way out of despair toward love and hope to become her version of the girl she always wanted to be.
With a story reminiscent of Tara Westover’s Educated, Roxane Gay’s Hunger, and Terese Marie Mailhot’s Heart Berries, Jaquira Díaz delivers a memoir that reads as electrically as a novel.
2021 RHC, Task 15: Leggi un memoir di un*autorǝ latinoamericanǝ
Se Ordinary Girls fosse un romanzo, probabilmente adesso starei iniziando questa recensione lamentandomi di come alla protagonista ne siano accadute troppe per rendere la narrazione credibile; invece Ordinary Girls è un memoir e inizio la recensione lamentandomi del fatto che non è stato tradotto in italiano e che abbiamo bisogno di più storie di questo tipo, per due motivi.
Il primo riguarda il modo in cui Díaz racconta la sua storia: questo genere di memoir spesso ha un andamento ascendente – dalle stalle alle stelle – prendendo avvio da un contesto di povertà e disagio per arrivare al successo coronato magari dalla pubblicazione del libro stesso. Ordinary Girls, invece, ha un andamento ondulatorio: non c’è il successo definitivo che salva per sempre Díaz, ma è un continuo oscillare tra lo stare bene e lo stare male, tra eventi positivi ed eventi terribili. Il che la rende una storia con la quale è facile empatizzare (quale vita può vantare il successo definitivo che ne sistema ogni aspetto?), per quanto possa essere lontana dalla nostra specifica esperienza di vita.
E abbiamo davvero bisogno di empatizzare con le vite delle persone come Díaz, il che ci porta al secondo motivo per cui abbiamo bisogno di queste storie. Se la vita di Díaz avesse smesso di oscillare e fosse deragliata verso lo stare male in maniera irreparabile, oggi non starei scrivendo questa recensione. Non solo perché Ordinary Girls non esisterebbe, ma perché le vite delle persone povere, che vivono in contesti di estremo degrado, che magari finiscono loro malgrado nella criminalità organizzata, che vengono distrutte dalle dipendenze e da malattie mentali mai diagnosticate o mal curate – tutte queste persone ci causano al massimo una scrollata di spalle.
Quella gente lì è ovvio che finisca male. Quante volte l’abbiamo detto, pensato, sentito? Come se ci fosse chi non vede l’ora di vivere una vita di merda. Quanto sappiamo essere arrogantз: ben vengano le storie che ci fanno vergognare della nostra insensibilità.
Questa recensione mi ha molto colpito, soprattutto per il modo in cui si svolge la storia. Riesce a descrivere veramente la vita di una persona, con alti e bassi nel corso della nostra storia. Non esiste un percorso stabilito e anche nei momenti migliori possiamo crollare e cadere nella sofferenza. Sono rimasto davvero colpito e accolgo appieno la tua richiesta che questo libro venga tradotto in italiano!
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Più della vita in sé dell’autrice (già notevole comunque e densa) è proprio il modo in cui questa si racconta a renderlo un memoir così interessante. Spero davvero che arrivi in Italia!
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