Chi è Eloise Weiss? Perché il più antico vampiro della stirpe di Blackmore abbandona per lei l’eternità suscitando le ire di Axel Vandemberg, glaciale Princeps dello Studium e tormentato amore della giovane?
La Vecchia Capitale si prepara alla Vigilia di Ognissanti e il coprifuoco è vicino perché il Presidio sta per aprire le sue porte. Il lento salmodiare delle orde di penitenti che si riversano per le vie, in cerca di anime da punire, è il segnale per gli abitanti di affrettarsi nelle proprie case, ma per Eloise Weiss è già troppo tardi. Scambiata per una vampira, cade vittima dell’irrazionalità di una fede che brucia ogni cosa al suo passaggio. In fin di vita esala una richiesta d’aiuto che giunge alle soglie della tomba dove Ashton Blackmore, un redivivo secolare, riposa protetto dalle ombre della Cattedrale di Black Friars. Il richiamo della ragazza è un sussurro che si trasforma in ordine, irrompe nella sua mente e lo riporta alla vita. Nobili vampiri di vecchie casate, spiriti reclusi e guerrieri, eroici umani e passioni che il tempo non è riuscito a cancellare: Black Friars – L’ordine della Spada è un mondo nuovo che profuma di antico, un romanzo che si ammanta di gotico per condurre il lettore tra i vicoli della Vecchia Capitale o negli antri del Presidio, in un viaggio che continua oltre la carta e non finisce con l’ultima pagina.
Se avessi letto questo romanzo per sostenere un esame di comprensione del testo, sarei fregata: è costruito in maniera così confusa che non scherzo dicendo che c’ho capito poco o niente e che non sarei assolutamente in grado di spiegarlo a chicchessia…
Il problema principale de L’Ordine della Spada, infatti, è proprio la costruzione dell’intero romanzo: pare che l’editor fosse in vacanza quando De Winter ha presentato il suo lavoro a Fazi, altrimenti io non mi spiego come sia possibile la presenza di così tante scene inutili ai fini della storia. C’è davvero un quantitativo abnorme di pagine superflue che annacquano la storia, vanificando qualunque tentativo di colpo di scena o suspense.
Un esempio lampante si ha quando Ashton, un antico vampiro, dice a Eloise, la nostra protagonista umana, di aver bisogno del suo aiuto per fare qualcosa, ma noi non scopriremo in cosa consista questo aiuto per decine di pagine – e nel frattempo i due se ne vanno in giro a fare cose, senza che chi legge abbia una vaga idea del perché. Ecco, questo è un po’ l’andazzo del romanzo…
Un altro problema importante è la definizione del world building: non sembra che De Winter ci tenga a farci sapere come funziona il mondo fantastico da lei creato. Per esempio, qualcun@ ha capito che diamine è il Presidio? Ho capito che non è ben frequentato, ma per il resto è un enorme mistero… Ci sono anche questi Frati Neri, queste strane nebbie, vampiri e demoni a caso e poteri assortiti che non si capisce bene come funzionino… insomma, una gran confusione.
Tutto questo caos, poi, è tenuto insieme da uno stile barocco che ammetto non essere uno dei peggiori che abbia letto nella mia vita, ma è capace di tirare fuori cose come sguardo friabile come foglie secche e doloroso come strapparsi una lama dal petto (chi di noi non si strappa ogni giorno lame dal petto, è una sensazione ben conosciuta, no?).
Comunque, avremmo potuto ancora salvare la situazione se l’autrice ci avesse regalato dei buoni personaggi: invece, nemmeno su questo fronte posso dare un parere positivo. Innanzi tutto mi ha messo un sacco a disagio leggere di questa ragazza, Eloise, circondata da ragazzi che, a vario titolo, le ronzano intorno, flirtano con lei, la proteggono e via dicendo, senza dirle perché lo fanno, come se fosse un’ape regina che deve adempiere ai suoi compiti senza fiatare e accettare l’ingerenza altrui come normale.
E i suoi rapporti con questi ragazzi pronti a immolarsi per lei sono tutt’altro che idilliaci: la prendono, la strapazzano, la strattonano, le mentono, fanno sì di chiuderla in una cella… ordinaria amministrazione, insomma. Vi lascio un esempio di interazione tra Eloise e Axel, che dovrebbe essere il suo Vero Amore™:
La trascinò davanti alla larga specchiera che sormontava una cassettiera e tenendola per le spalle la obbligò a vedere quello che anche lui aveva visto. Scarmigliata e pallida, con le lacrime secche sulle guance, il vestito e il mantello impolverati, le mani ferite. La scrollò lievemente e nella forza contenuta di quelle mani Eloise avvertì il freno che lui si era imposto per non scuoterla fino a farle battere i denti. La tenne così, ferma contro il proprio petto, le mani che le affondavano nelle spalle come se volessero raggiungere le ossa.
Un amore, vero? E non è l’unico caso in cui la violenza è normalizzata: uno degli elementi che mi hanno lasciato più perplessa nel world building è stata la presenza del bullismo nella scuola frequentata da Eloise&co. De Winter fa candidamente dire ai suoi personaggi che nella scuola si bullizzano le matricole perché così imparano l’umiltà, soprattutto se vengono da famiglie ricche e altolocate (per poi affermare che le persone, se erano stronze prima, tali rimangono… viva il metodo scientifico!).
Insomma, a dispetto della valanga di ottime recensioni che ho trovato su Goodreads, ho trovato questo romanzo davvero tremendo e, se fossi in voi, gli girerei alla larga: anche perché è lungo quasi settecento pagine e posso assicurarvi che se ne sente tutto il peso…
Oddio sai che invece dalla tua recensione mi è proprio venuta voglia di leggerlo? 😂 È una cosa del tipo “voglio vedere se è così anche per me” più che altro, deformazione professionale insomma 😅
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Ti capisco, a volte succede anche a me!😂
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