Buon giovedì, prodi seguaci!🛝
Oggi due brevi recensioni di due libri sull’anarchia: sono stati entrambi un po’ una delusione, ma il primo almeno mi ha lasciato aperta una porta interessante che deve assolutamente andare a vedere dove conduce.

Con il peculiare sguardo anarchico che gli è proprio, Colin Ward, per oltre mezzo secolo, ha guardato alla società in modo non convenzionale cercando – negli interstizi, nelle crepe, negli spazi lasciati liberi dalle istituzioni – le espressioni altrimenti poco visibili di quell’inesauribile resistenza popolare all’omologazione basata su una creatività solidale e su un uso alternativo dello spazio e delle risorse. Un uso alternativo ai prevalenti modelli gerarchici e burocratici, così come all’assistenzialismo e alla mercificazione. Un uso comunitario e tendenzialmente egualitario e libertario in cui il suo occhio – come racconta in questa intensa conversazione con l’amico Goodway – vede il seme di un’anarchia reale. Un’anarchia cioè che è già, per lo meno potenzialmente, nel fare: non solo nelle cose che vengono fatte ma anche nel modo in cui vengono fatte. Un fare che non risponde più a grandi sogni palingenetici ma a reali bisogni di abitazione, lavoro, gioco, consumo, trasporto…
Questa lettura è stata il fallimento più proficuo che mi sia capitato ultimamente, perché è palesemente un libro intervista pensato per chi già conosce la figura e il pensiero di Colin Ward, mentre io penso di non averlo mai sentito nominare prima di incrociarlo così, totalmente per caso.
Tuttavia sono contenta di averlo letto: così ho potuto avere un assaggio del pensiero di Ward, che mi ha incuriosita abbastanza da volerne sapere di più, principalmente perché sembra rispondere alla critica, spesso rivolta alla teoria anarchica, di essere poco concreta e poco applicabile alla realtà. Ward sembra determinato a tirare fuori l’anarchia dall’utopia e non ho potuto fare a meno di segnarmi le sue opere, soprattutto Anarchia come organizzazione. Fortunatamente sono state portate in Italia da Elèuthera e sono quasi tutte disponibili.
Quindi se anche per voi è un nome nuovo, vi consiglio di tornare su questo libro dopo che avrete conosciuto meglio il suo autore tramite le sue opere: non c’è bisogno che anche voi facciate lo sbaglio di incontrarlo in Lo sguardo anarchico quando avete la possibilità di andare direttǝ a quello che ha scritto.

L’anarchia come sentimento, come sogno, come utopia di pace, come bisogno di condivisione, come una lunga storia d’amore, come unica vera possibilità di costruire un mondo senza capi, senza sfruttamento, senza frontiere e senza divisioni.
Visto che tra i miei acquisti c’era anche L’anarchia è una cosa semplice ed ero in argomento, ho pensato di leggere anche questo, considerato che è pure un libriccino molto breve.
È il mio secondo libro di Thomas e pure la mia seconda delusione: io e lui evidentemente non siamo in sintonia e sarebbe proprio l’ora che smettessi di comprata i suoi libri abbagliata dai suoi titoli accattivanti (giusto per ricordarmi che potrebbe essere una cattiva idea dargli una terza possibilità con Il comunismo spiegato ai bambini capitalisti).
Il fatto è che, consapevole della vastità delle cose che non so, sono felice quando qualcunǝ che quelle cose le sa si prende la briga di spiegarle anche a me, con pazienza e semplicità: viva la buona divulgazione in qualunque ambito, non ce n’è mai abbastanza. Il problema per me è che Thomas più che semplificare i concetti per renderli accessibili a chiunque tende più a banalizzarli e questo non è fare divulgazione, ma buttarla in caciara, ritenendo accettabile non trasmettere anche la complessità delle teorie e dei concetti. Se a tutto questo aggiungiamo anche una spolverata di sentimentalismo, potete ben capire che il mio livello di seccatura è aumentato finché non ho terminato la lettura.
E meno male che era un libro corto.
Eccoci qua: avete dei buoni libri sull’anarchia da consigliarmi? È evidente che da sola non sono stata brava a pescare nel mucchio!😅
A presto!🪀
È vero, spiegare le cose banalizzandole, come se questo le rende più semplici e comprensibili è irritante. Persino offensivo.
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Sì. E in realtà non spiega un bel niente, perché banalizzando non mi stai davvero spiegando la parte complessa che non sono in grado di capire da sola.
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Va detto che, a scanso d’equivoco, nella parte più complessa c’è interesse certo. Mi sa che chi banalizza, semplifica per forza, non se n’è accorto.
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Beh, la fonte: “Stato e anarchia”, di M. Bakunin. Da ragazzina mi infiammava. Oggi, modificherei il vecchio detto “Chi non è rivoluzionario a vent’anni, è sbirro a quaranta” sostituendo rivoluzionario con anarchico: poi, temo, o per fortuna, si cresce. C’è/c’era poi “Socialismo, anarchismo, sindacalismo” di Bertrand Russell. Al volo non mi viene alla mente altro. Sicuramente i riassuntini, credo tu abbia ragione, non funzionano.
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In effetti, andare diretta ai testi più significativi potrebbe essere un buon modo, senza cercare per forza un buono “spiegone”. Prendo nota!💛
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Russell è sempre leggibile con piacere. Se Bakunin entusiasmava un circa sedicenne, dev’essere a sua volta piacevole. Che poi, oggi, lo si possa sposare, non credo. Ma credo sia interessante. Magari li rileggero’
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Be’, ci sta tutto, con un libro vecchio un secolo e mezzo. Mi sorprenderebbe il contrario.
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Hai ragione! Posso dirti il mio sbalordimento? Non me ne ero resa conto: un libro vecchio un secolo e mezzo!
Quando l’ho letto io non era così. E, di conseguenza, non ho rilevato, forte della permanenza del mio io, il trascorrere del tempo.
E’ stato, per me, certamente già allora un classico ma ancora in auge, ancora “necessario”. La sua distanza da me, per me, era non maggiore, anzi forse minore di quanto non lo sia, oggi, che so, Gramsci per la tua generazione.
Noi cantavamo “Addio Lugano bella” in tempo reale. La ricordate ancora? Al di là del condividere il pensiero anarchico.
E mezzo secolo dopo, se non di più, Guccini infiammava cantando “La locomotiva”
Nel frattempo, il nostro tempo prende una sempre maggior velocità.
Mi hai dato di che pensare. Molto.
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Però questo deporrebbe a favore del testo di Bakunin, che, pur nella sua visione utopica, ha ancora molto da dire.
Tra la mia nascita e la morte di Gramsci ci sono una cinquantina d’anni, anche se sono cinquant’anni in cui è cambiato così tanto che sembra molto più “lontano”. Evidentemente la nostra percezione del tempo è davvero tanto, tanto soggettiva.
Non conoscevo “Addio Lugano bella” (grazie per avermela fatta conoscere, è molto bella!) anche se non sono sicura di non averla mai ascoltata: complice la musica da stornello, potrei averla incrociata in qualche festa di paese senza serbarne memoria. “La locomotiva” invece la conosco.
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Allora cantavamo Addio Lugano quasi come oggi cantiamo Bella ciao.
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Ho l’impressione che Bella Ciao sia diventata così popolare da soppiantare ogni altro canto: forse un po’ anche per non essere così esplicitamente politica (non si parla né di ‘bandiere rosse’ né di ‘verità sociali’).
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Un libro che ho amato molto è di Tomás Ibañez, Anarchismo in movimento, sempre per Eleuthèra. Fa capire cosa sua l’anarchismo e soprattutto descrive la caratteristica che più gli è propria, ovvero la capacità di mutare profondamente e di adattarsi al mondo che cambia, tendendo fermi i principi base che sono liberya
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Libertà, stavo scrivendo, e auto organizzazione. Ibañez è, fra le altre cose, la persona che negli anni sessanta diffuse la bandiera con la a cerchiata.
Fra i classici, oltre a Bakunin che ti hanno consigliato, puoi leggere il programma anarchico, di Errico Malatesta, la morale anarchica di Piotr Kropotkin, e L’unico e la sua proprietà di Max Stirner. Tre approcci molto diversi ma tutti e tre egualmente anarchici.
Vincenzo
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Wow, un sacco di consigli interessanti, grazie mille, me li segno tutti!💚
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