
Il margine è la casa all’epoca della segregazione razziale, governata dalle donne nere come luogo di protezione dalla violenza razzista e di sviluppo di un senso del bello diverso dalla “grande arte” dei bianchi. La scelta di non dimenticare il margine una volta raggiunto il centro, come nella traiettoria dell’autrice che dal sud ghettizzato degli Stati Uniti è diventata un’importante teorica femminista, permette di continuare un percorso di lotta in campo estetico e politico, dando un nome allo sguardo delle spettatrici nere al cinema, promuovendo teorie estetiche che mettano in dialogo intellettuali e persone comuni oppure denunciando il sessismo interno alla stessa comunità nera.
Nei saggi di Elogio del margine, bell hooks ci mostra “scelte e luoghi” in cui si è svolta e si svolge la resistenza all’oppressione delle donne afroamericane in vista di una liberazione che coinvolge tutti, donne e uomini.
In Scrivere al buio, dialogo critico e allo stesso tempo intimo con Maria Nadotti, i temi chiave del pensiero di bell hooks, tra i quali la contestazione di quel femminismo bianco che rappresentando le donne come un’unica “casta” nega le differenze tra le donne stesse, vengono messi alla prova di argomenti ordinari: i rapporti familiari e di coppia, l’istruzione, l’uso del denaro, la pratica della scrittura. Il pensiero femminista nasce dall’esperienza personale di oppressione e deve perciò parlare alle donne di condizione meno agiata, non chiudersi in un linguaggio per pochi che consente il mantenimento dello status quo.
C’è un aspetto in particolare che ammiro di bell hooks: la sua capacità di sbrogliare la realtà e di renderla nuda davanti al suo sguardo femminista. Quante volte non sappiamo raccapezzarci nella complessità delle situazioni che sembrano rendere i nostri principi inapplicabili? Quante volte rimaniamo paralizatə davanti a eventi che non sappiamo come interpretare? Quante volte la nostra emotività grida offesa senza che riusciamo a tradurre in pensieri quell’indignazione?
Ecco, bell hooks riusciva a tradurre nero su bianco tutta questa massa informe e a trasformarla in buone pratiche femministe. Si era faticosamente costruita la sua etica femminista e lasciava che questa la guidasse nella vita, nelle riflessioni e nei suoi contributi alla teoria femminista. È sempre riuscita a distinguere tra le chiacchiere e la prassi femminista, tra la solidarietà con l’enorme varietà delle esperienze delle donne e il desiderio di rifiutarne e punirne alcune, tra il rifiuto di ogni essenzialismo e la tentazione di semplificare riducendo tutto a definizioni standard.
bell hooks aveva una barra morale così dritta che sapeva discernere la sua strada anche quando la nebbia era fitta, anche quando la tiravano per la giacca perché dichiarasse di tifare una parte o per l’altra. Elogio del margine / Scrivere al buio fotografa un momento della vita di una donna che ha saputo rimanere aperta e curiosa verso nuove riflessioni e nuovi punti di vista, senza mai lasciarsene sopraffare, ma mantenendo ben chiaro nella mente che il suo nemico era il patriarcato capitalista suprematista bianco.
Se dovesse trovare un difetto in Elogio del margine vi direi che è nel suo radicamento nella cultura statunitense che, per noi italianə in alcuni punti può risultare un po’ oscuro. Di più facile lettura è sicuramente Scrivere al buio, una lunga intervista che Maria Nadotti, sua traduttrice in italiano, le ha fatto nel 1997 e che risulta a noi più comprensibile perché il pensiero di hooks viene mediato da una persona che conosce le specificità del nostro Paese. Il mio consiglio è di tenere d’occhio le librerie e di leggere le sue opere, visto che abbiamo il privilegio di vivere in un momento storico nel quale vengono ristampate e, in alcuni casi, tradotte per la prima volta: non fatevi sfuggire l’occasione di incontrare il pensiero cristallino.