Buon lunedì, prodi seguaci!⭐
Iniziamo questa settimana fredda e nevosa con un capolavoro dell’animazione gaipponese, ovvero Cowboy Bebop. Classe 1998, questo gioellino diretto da Shin’ichirō Watanabe ha una sola stagione di 26 episodi e al momento potete vederlo su Netflix.

Cowboy Bebop è ambientato nel futuro del 2071 e segue le vicende di un gruppo di cacciatorə di taglie: Spike Spiegel, Jet Black, Faye Valentine, Edward Wong Hau Pepelu Tivrusky IV, dettə Ed, e il cane Ein. Non sono particolarmente fortunatə nel loro lavoro, tant’è che sono spesso senza un soldo: a questo si aggiunge il fatto che sono un equipaggio mal assortito che continua a stare insieme solo perché non vogliono stare da solə.
Infatti – cercando di non fare spoiler perché il passato dei personaggi viene rivelato molto avanti nella serie – Jet è un uomo disilluso che lavora per tirare a campare e che non si aspetta molto dalle persone; Spike è uno di quellə che vive perché per qualche motivo il corpo continua a funzionare; Faye recita la parte della donne indipendente che non ha bisogno di nessunə ma in realtà ha diversi problemi con i rapporti interpersonali; Ed è unə bambinə geniale più a suo agio nel mondo virtuale che in quello reale; infine, Ein è un cane uscito da un laboratorio e che ha subito diversi esperimenti. Non proprio una compagnia allegra e scanzonata, insomma.

Il tema portante della serie è il passato: tutti i personaggi devono farci i conti, anche quelli che non ne hanno uno. Il passato è così ingombrante e pesante che condiziona inesorabilmente il presente ed è impossibile da ignorare, da superare o anche solo da elaborare. In Cowboy Bebop il passato pervade tutta la narrazione e non lascia mai andare nessunə, fino alla fine, che è solitamente triste e malinconica.

E anche la maliconia, infatti, la fa da padrona: la maliconia per un tempo finito che non si ripeterà più, per un tempo nel quale si era felici e serenə, magari senza nemmeno rendersene conto. La maliconia per un tempo dove il peso della vita per un po’ non si era fatto sentire. Ad accompagnare questa malinconia, poi, abbiamo la colonna sonora iconica di Yōko Kanno che, a partire dall’opening, ci riporta al passato e dà il giusto ritmo all’anime a suon di jazz, blues e country.
La musica sottolinea anche la solitudine dei personaggi, il loro essere soli nel loro dolore, nei loro rimpianti e nella loro impossibilità ad aprirsi con ə altrə per condividere il proprio peso. Infatti, sebbene i membri della ciurma del Cowboy Bebop (che è il nome della loro navicella spaziale) vedano il peso deə altrə, nessunə di loro si aprirà per condividerlo e trovare sollievo e calore umano: tuttə loro si limitaranno a rimanere nei paraggi. Così, giusto in caso succedesse qualcosa.

Così seguiamo le loro avventure nel sistema solare, in un’ambientazione molto ricca e curata che potrebbe davvero essere il futuro del 2071 solo per il fatto di non essere troppo futuristicamente aliena dal nostro presente e per avere al suo interno elementi del passato – ancora il passato! – che ci sono ancora familiari, come le VHS o delle normalissime pistole.

Se non l’avevate ancora mai visto, spero di avervi incuriosito; se vi è capitato di vedere il live action, da quello che mi è capitato di leggere in giro, vi consiglio di candeggiarvi il cervello e di vedervi l’anime originale.
A presto!🍵
A suo tempo mi aveva attirato, a tutt’oggi ha una discreta fanbase di nostalgici. Alla fine, però, ho visto solo il film successivo alla serie, molti anni fa. Non mi è neppure dispiaciuto, nonostante lo abbia capito il giusto, non avendo le basi della serie.
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Il film devo ancora recuperarlo, ma se già ti è piaciuto quello, buttati sulla serie: parte lenta, ci mette molto a ingranare, ma merita tutto lo sforzo di aspettare.
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See you, space cowboy. ❤️
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Someday, somewhere…🧡
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