Matthew Sobol è il leggendario e visionario ideatore di popolarissimi giochi online. La sua morte prematura getta nello sconforto milioni di fan sparsi in tutto il mondo. Nello stesso tempo due programmatori della sua società vengono trovati privi di vita in circostanze decisamente sospette. Sarà il detective Peter Sebeck a cercare di far luce su questo caso davvero insolito. La sua indagine, però, non sarà semplice. La morte di Sobol, infatti, si rivela ben presto l’innesco di un meccanismo perverso, la prima tessera che, con un effetto domino, è in grado di far saltare i sistemi dell’intera Rete. La mente diabolica e geniale di Sobol ha creato un “daemon”, un programma infernale il cui compito è quello di scatenare una vera e propria guerra contro l’ordine mondiale e distruggere qualsiasi cosa si opponga al suo inesorabile cammino, riuscendo a essere sempre un passo avanti rispetto a chi cerca di fermarlo. Quello che si prospetta è uno scenario inquietante, e per Sebeck, che vede crescere l’ondata di panico, è una sfida mentale oltre che poliziesca. Costretto ad affrontare un avversario inafferrabile, senza nome e senza volto, dovrà ricorrere all’aiuto di un esperto consulente informatico per venire a capo di un enigma sempre più complesso e contrastare un nemico capace di dirigere dall’oltretomba un gioco spietato che potrebbe avere conseguenze devastanti per l’intero pianeta.

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Nonostante Daemon sia un thriller pieno di azione e tecnologia sofisticatissima, mi ha annoiato a morte. Il suo problema principale mi è sembrata la sua verosimiglianza, alla quale si è aggiunta la sensazione che la storia non stesse andando da nessuna parte e che non fosse nient’altro che azione e suspense fini a se stesse.

Quest’ultima sensazione è stata spazzata via dal finale, dove viene finalmente data una parvenza di senso a quello che si è letto fino a quel momento, sebbene la spiegazione sia stata tutt’altro che soddisfacente, visto che la vera questione morale che giustifica l’esistenza di questa storia sembrerebbe essere stata in toto rimandata al secondo volume della duologia, rendendo di fatto le quasi cinquecento pagine di Daemon soltanto un prologo di quella che dovrebbe essere la parte più interessante.

Ora, il condizionale è d’obbligo perché rimane comunque il problema della verosimiglianza. Tutto l’ambaradan viene messo su da un certo Sobol, il classico genio pazzo della Silicon Valley che ha messo su un impero creando videogiochi online, convinto di essere sostanzialmente l’unico in grado di salvare il mondo. È possibile che il mio scetticismo sia alimentato dal fatto che i geni pazzi della Silicon Valley ultimamente non se la passano benissimo, tra licenziamenti di massa e colpi di testa assortiti, ma trovo strano che un uomo, morto per un tumore a soli 34 anni, abbia trovato il tempo di mettere su questo piano così sofisticato.

Per carità, ci viene detto che alcune parti di questo piano sono state programmate da persone inconsapevoli di quello che stavano facendo, ma a questo punto mi sembra strano che nessunə si sia accortə che Sobol aveva in testa delle idee strane. Poi magari sta parlando la mia ignoranza in informatica e tutto questo è perfettamente plausibile – d’altro canto Suarez è un consulente informatico, non è che per scrivere questo romanzo si è limitato a leggere Wikipedia – ma sento che è stato chiesto un po’ troppo alla mia sospensione dell’incredulità.