Buon lunedì, prodi seguaci!🧙🏻♂️
Con l’avvicinarsi delle feste mi è venuta voglia di dedicarmi (anche) a libri che raccontassero della mia Toscana: così ho iniziato Il vertice della stregoneria toscana. Il mago Nepo e gli stregoni di Galatrona (secoli XV-XVII) di Francesco Sinatti, che racconta la storia (perlomeno quella parte che è giunta fino a noi) di questo Nepo, celeberrimo stregone e maliardo dei suoi tempi, oggi del tutto – o quasi – dimenticato, ma diventato per secoli parte integrante di molti racconti e opere locali.
Merita, infine, una riflessione anche l’annotazione del Grassini sull’aspetto fisico del mago: «Era grande della persona, e ben fatto: di carnagione tanto olivigna, che pendeva in bruno». Se dobbiamo prestare fede alla fonte letteraria, viene da chiedersi da cosa potesse derivare questa carnagione scura. Poteva appartenere a una famiglia originaria del Medioriente, o essere figlio di una donna scura di pelle. La domanda resta senza risposta ma non è peregrina, perché nel corso del Quattrocento, erano giunte in Italia molte persone provenienti dall’Africa e dall’Oriente, tra cui schiavi e serve mulatte, che si ritrovano collocate presso famiglie nobili e borghesi (non mancavano schiave circasse nemmeno alla corte dei Medici).
Sarà un caso, ma diversi personaggi che praticavano la stregoneria e i riti di guarigione tra Cinque e Seicento erano descritti con una carnagione scura e amavano atteggiarsi e vestirsi in fogge orientali.
Vi è, a proposito, un esempio a Firenze che vogliamo ricordare, data la vicinanza con il nostro personaggio: quello del mago peretolino Zoroastro, poco più giovane di Nepo che aveva anch’esso una carnagione scura.
Il Grazzini nelle ‘Cene‘ così lo descrive: «Era un uomo di trentasei in quarant’anno, di grande e ben fatta persona, di colore olivigno, nel viso burbero e di fiera guardatura, con barba nera arruffata e lunga quasi insino al petto, ghiribizzoso molto e fantastico».
Il suo vero nome era Tommaso Masini da Peretola, detto Zoroastro, che si diceva figlio illegittimo di Bernardo Rucellai, cognato di Lorenzo detto il Magnifico.
Lavorò con Leonardo da Vinci come chimico alla preparazione dei colori e a Milano come meccanico ma sarà il suo ruolo di collaboratore della macchina volante del genio da Vinci e la sua disponibilità a gettarsi dal monte Ceceri che lo renderanno ancora più famoso.
Come Tommaso Masini, molti altri figli illegittimi di personaggi illustri, nati semmai da relazioni con schiave e pertanto con un colore che tendeva all”ulivigno’, erano affidati a famiglie del contado, assicurando loro i mezzi di sussistenza, un mestiere e forse gli studi. Fu proprio questa condizione, che non consentiva di accedere ad alcuni privilegi riservati ai figli legittimi, che favoriva l’avvio di professioni un po’ particolari come quella artistica, alchemica e magica?

La stella del mago Nepo da Galatrona brillò luminosa in Toscana alla metà del Quattrocento, quando Firenze visse la stagione rinascimentale, tra le più alte della cultura europea. Frequentò per diversi lustri la casata medicea, sia come medico personale di Giovanni nipote di Cosimo il Vecchio, sia come mago di corte al tempo di Lorenzo il Magnifico. Curò gli uomini e gli animali e trattò le ferite con polveri simpatiche e le sue offerte di cura per le malattie soprannaturali (indemoniati) divennero forse le più autorevoli di quel momento. Dopo la sua morte divenne un personaggio letterario di primo piano, campeggiando per tre secoli come icona stregonesca nella novellistica e nelle opere eroicomico-burlesche toscane. La seconda parte della ricerca ripercorre le vicende degli stregoni di Galatrona, discendenti di Nepo, che come il capostipite furono molto ricercati per la loro capacità di riconoscere e sciogliere le malie, primeggiando nel panorama del fenomeno stregonesco toscano dei secoli XVI e XVII.