Buona domenica, prodi seguaci.
Oggi è il Transgender Day of Remembrance, la giornata che ricorda le persone trans e gender diverse uccise a causa di crimini d’odio.
In occasione di questa giornata, il progetto di ricerca Transrespect versus Transphobia Worldwide (TvT) pubblica gli aggiornamenti sul numero di persone trans e gender diverse che sono state uccise, in base ai dati raccolti dal Trans Murder Monitoring.
Nel 2022 sono stati segnalati 327 omicidi di persone trans e gender-diverse tra il 1° ottobre 2021 e il 30 settembre 2022. Con 222 casi, l’America Latina e i Caraibi rimangono le aree con il maggior numero di omicidi.
Per la prima volta quest’anno sono stati segnalati casi in Estonia e in Svizzera. Le vittime erano donne trans nere immigrate: Sabrina Houston dalla Giamaica e Cristina Blackstar dal Brasile. Entrambe sono state accoltellate a morte nella loro abitazione.
I dati mostrano che:
- 327 persone trans e gender-diverse sono state denunciate per omicidio;
- Per la prima volta sono stati segnalati casi in Estonia e in Svizzera – entrambe le vittime erano donne trans nere immigrate;
- il 95% delle persone uccise a livello globale erano donne trans o persone transfem;
- la metà delle persone trans uccise e di cui si conosce l’occupazione erano lavoratrici del sesso;
- Tra i casi dove il dato è specificato, le persone trans razzializzate rappresentano il 65% degli omicidi denunciati;
- il 36% delle persone trans assassinate in Europa erano migranti;
- Il 68% di tutti gli omicidi registrati è avvenuto in America Latina e nei Caraibi; il 29% del totale è avvenuto in Brasile;
- il 35% degli omicidi è avvenuto per strada e il 27% nella propria abitazione;
- la maggior parte delle vittime aveva tra i 31 e i 40 anni.

I dati continuano a indicare una tendenza globale preoccupante per quanto riguarda le intersezioni tra misoginia, razzismo, xenofobia e puttanofobia: la maggior parte delle vittime sono donne trans razzializzate, migranti e/o lavoratrici del sesso. L’elevato numero di omicidi denunciati in America Latina e nei Caraibi può essere attribuito in misura considerevole all’esistenza di sistemi di monitoraggio consolidati e deve essere compreso negli specifici contesti sociali, politici, economici e storici in cui si verificano.
Questi numeri sono solo una piccola parte di una realtà più vasta. La maggior parte dei dati, infatti, proviene da Paesi con una forte rete di organizzazioni trans e LGBTIQ che portano avanti il monitoraggio. La maggior parte dei casi continua a non essere denunciata e, anche quando viene denunciata, riceve pochissima attenzione.

Una delle vittime era italiana: si chiamava Camilla Bertolotti.
Se volete leggere gli altri nomi e qualche altro dettaglio (compreso il motivo della morte) per dedicare loro un pensiero, potete trovare l’elenco a questo link.
Fonte: TvT, TGEU
Purtroppo, ho l’impressione che si faccia poco per prevenire questi crimini e per lavorare su narrazioni capaci di debellare il razzismo, la misoginia, la transfobia e, più in generale, ogni forma di discriminazione. Grazie per mantenere l’attenzione su questi temi.
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Be’, almeno in Italia, il DDL Zan avrebbe permesso di iniziare a tenere traccia di questo genere di crimine per avere dei dati solidi di partenza per poter intervenire con efficacia e sappiamo com’è andata. Il primo passo per far finta di nulla è sbandierare che non c’è nessuna evidenza della discriminazione denunciata.
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Ci sono leggi fondamentali, di “civiltà”, che dovrebbero venire approvate senza inutili polemiche e/o discussioni: chi è al potere dovrebbe assicurarsi del benessere di tuttə e combattere ogni forma di discriminazione, ma, ovviamente, questa è un’utopia.
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La negazione è sempre la bandiera da sventolare quando non ci si vuole occupare seriamente di una questione.
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Sì, e in Italia è un pratica in cui si riesce piuttosto bene.
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Il “mi piace” non ci sta proprio.
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Già, è davvero terribile.
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