Buon lunedì, prodi seguaci!🍂
Finalmente il nostro amato ottobre è qui e io piano, piano mi sto mettendo in pari con la RHC, visto che in questi giorni starsene in casa all’asciutto in compagnia di un libro, un pezzo di schiacciata con l’uva e una tazza di tè caldo è stata una goduria.
Sono molto motivata ad approcciarmi alla lettura in questo periodo, insomma!
Per la task 3, che stabilisce di leggere un qualsiasi libro scelto tra le finaliste/candidate/vincitrici del Women’s Prize, ero molto indecisa tra una marea di libri, ma alla fine l’ha spuntata Un matrimonio americano di Tayari Jones. Per nessun motivo particolare se non che Randomix ha deciso così.

Roy e Celestial sono sposati da piú di un anno. Sono neri di Atalanta, convinti di avere tutta la vita davanti, regni sconfinati di pagine bianche ancora da scrivere. Roy non è certo un magnate, ma ha un lavoro tale da permettergli di accarezzare l’idea di comprare casa. Celestial è «un’artista da tenere d’occhio», come recita il titolo di un articolo a lei dedicato. Gran cespuglio di capelli neri e un sorriso malizioso, Celestial fabbrica bambole considerate vere e proprie opere d’arte. Il loro matrimonio è come un arazzo finissimo. Spesso lo strappano, soprattutto perché Roy ama piacere alle donne, ma altrettanto spesso lo rammendano, sempre con un filo di seta, bellissimo. Una sera, dopo aver fatto visita ai genitori di lui, a mamma Olive, che ha trascorso una vita intera a riempire vassoi in un self service per permettere al figlio di andare all’università, e a Big Roy, tuttofare per la medesima ragione, Roy e Celestial decidono di trascorrere la notte al Piney Woods, l’unico hotel a Eloe, la città dei genitori. È il week-end del Labor Day e una meteora distruggerà la loro vita. Una volta in camera, Roy si lascia andare a una rivelazione che fa infuriare Celestial. Per ritrovare in qualche modo il filo di seta capace di rammendare quello strappo, prende poi il secchiello di ghiaccio ed esce dalla stanza con l’intenzione di andarlo a riempire. In corridoio incrocia una donna all’incirca dell’età di sua madre, con una faccia simpatica e il braccio stretto dentro una benda appesa al collo. Siccome è un gentiluomo, Roy l’accompagna in camera, l’aiuta ad aprire la finestra e le sistema anche il water che perde come le cascate del Niagara. Infine rientra nella sua stanza, dove Celestial allunga il bellissimo braccio nella sua direzione e gli porge i cocktail che ha preparato. Quella sarà, per Roy, l’ultima serata felice che trascorrerà per molto, molto tempo. Accolto al suo apparire negli Stati Uniti da un enorme successo di pubblico e dall’entusiasmo della critica, Un matrimonio americano è uno di quei rari romanzi in cui la narrativa illumina davvero la condizione umana, una condizione, nelle sue pagine, in cui i pregiudizi razziali, l’ineguaglianza della legge e la crudeltà stessa, che è sempre in agguato in ogni relazione davvero profonda, sono in grado di distruggere l’amore e mettere alla prova ogni sentimento morale.
Per la task 6, che stabilisce di leggere un fumetto nonfiction YA, la scelta invece è stata facile: non appena ho visto We hereby refuse di Frank Abe, Tamiko Nimura, Matt Sasaki e Ross Ishikawa ho deciso che devo assolutamente leggerlo. È il secondo libro sull’internamento dellз giapponesз negli USA durante la Seconda Guerra Mondiale che incrocio quest’anno, magari è il momento di approfondire ulteriormente l’argomento.

Three voices. Three acts of defiance. One mass injustice.
The story of camp as you’ve never seen it before. Japanese Americans complied when evicted from their homes in World War II — but many refused to submit to imprisonment in American concentration camps without a fight.
In this groundbreaking graphic novel, meet:
— JIM AKUTSU, the inspiration for John Okada’s No-No Boy, who refuses to be drafted from the camp at Minidoka when classified as a non-citizen, an enemy alien;
— HIROSHI KASHIWAGI, who resists government pressure to sign a loyalty oath at Tule Lake, but yields to family pressure to renounce his U.S. citizenship; and
— MITSUYE ENDO, a reluctant recruit to a lawsuit contesting her imprisonment, who refuses a chance to leave the camp at Topaz so that her case could reach the U.S. Supreme Court.
Based upon painstaking research, We Hereby Refuse presents an original vision of America’s past with disturbing links to the American present.
Voi che mi dite? State facendo almeno delle belle letture in mezzo a questi tempi spaventosi? Conoscevate uno dei due libri qua sopra? Fatemi sapere!
A presto!🍄
Non conoscevo i libri. Sono sprovvisto di cose da leggere e francamente proverei a fare un salto in città per acquisti, mi farò solleticare curiosità dalla carta frusciante.
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Ti auguro di trovare qualcosa che stuzzichi il tuo interesse allora!💜
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Adesso sto facendo delle letture propedeutiche a una serie di post programmato per fine mese, ma prima di queste ho riletto Nessundove del mio amato Neil Gaiman; dopo, invece, ho già pronto l’ultimo Stephen King, che non vedo l’ora di iniziare!
La storia dei campi per giapponesi in USA non è, in effetti, molto conosciuta, e sono poche le storie che ne parlano; io credo di esserne venuto a conoscenza 1000 anni fa grazie a un episodio di Cold Case ambientato proprio in uno di questi campi. Mi piacerebbe leggere We Hereby Refuse, le biblioteche intorno a me sono abbastanza ben fornite di graphic novel, se esiste anche in italiano e ho fortuna potrebbe anche esserci.
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È finalmente quel mese dell’anno!😏
Temo che non esista l’edizione italiana…
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