
Dopo “Romanzo esplicito”, Josephine Yole Signorelli alza la posta in gioco, decidendo di raccontare se stessa e la propria storia con brutale onestà. Ed è la storia di un adolescente alla scoperta della propria identità di genere, negli “anni zero”. L’accettazione del proprio corpo sullo sfondo di scuola, bullismo, vita familiare e sociale, sballi, incontri in rete, sesso e “cupio dissolvi”. E infine la consapevolezza e la trasformazione, l’amore – prima di tutto verso di sé.
2022 RHC, Task 17: Leggi il memoir scritto da qualcunǝ che è trans o non binariǝ
La mia lettura di questa graphic novel è andata un po’ come quando incontri per la prima volta una persona che per te diventerà importante: ti sembra una persona incredibilmente antipatica e non vedi l’ora di scrollartela di dosso, ma poi finite per diventare pappa e ciccia.
Inutile girarci troppo intorno, questi fumetti brutti mi hanno messa a dura prova: sono così brutti che all’inizio ha proprio fatto fatica a capire cosa stesse succedendo e pure a leggere il testo perché Signorelli (alias Fumettibrutti) fa le e come io faccio le t in stampatello minuscolo, riuscendo a confondermi pure se dovrebbe essere abbastanza elementare non confondere una vocale con una consonante. Sono una ragazza lenta, che vi devo dire.
Comunque, una volta che mi sono abituata a questo ambiente artistico, ho potuto guardarmi bene intorno e rendermi conto che P. La mia adolescenza trans è incredibilmente denso: più penso a questa graphic novel e più mi dà da pensare. Per esempio, oltre alla scelta stilistica di un disegno brutto, abbiamo anche una scelta cromatica brutta. L’intera storia, infatti, è colorata con due soli colori, o il giallo o il viola, che vengono usati per rappresentare momenti diversi nella vita della protagonista: essendo due colori complementari, non andrebbero accostati per non creare un effetto sgradevole. Inoltre, si potrebbero definire due colori neutri, perché non assegnati a nessun genere in particolare, il che va a sottolineare poi il messaggio finale del libro.
Se già lo stile in sé mi ha dato da pensare, il contenuto non è da meno. Dal titolo è evidente che si parlerà di identità di genere e transizione e la prima cosa che mi ha colpito è stata la descrizione della nostra cattiveria casuale e il nostro essere incredibilmente concentratз su noi stessз. Siamo così abituatз al nostro punto di vista, a cercare la nostra realizzazione personale, a capire qual è la nostra strada che le altre persone diventano solo un mezzo per raggiungerla, una cosa da usare per fare un tentativo e vedere se funziona. E se non funziona? Pazienza. Che importano le conseguenze delle nostre azioni? Non era la nostra strada, si va avanti.
E quando transfobia e sessismo si uniscono alla festa, abbiamo la scusa perfetta per giustificare quella noncuranza: avere a che fare con qualcunǝ che già consideriamo inferiore ci regala la scusa perfetta per non curarci anche del suo benessere. Francamente, vedere la vastità dell’ignoranza che ancora accompagna così tanti percorsi di transizione mi fa venire voglia di urlare di togliersi la testa dal culo e smettere di piagnucolare di politicamente corretto e di valori tradizionali: se questi valori vi impediscono di solidarizzare con persone diverse da voi al punto da finire per disumanizzarle, be’, non c’è tradizione, santo o divinità che tenga. Quante prove storiche ed empiriche ci servono per capire che va sempre a finire male?
Pare che possa essere interessante pure se non bazzico graphic novels. Bella l’idea bicolore.
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Nemmeno io ne leggo tante, ma questa merita proprio attenzione.
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Sottoscrivo appieno l’ultima parte del post ❤. Che poi, francamente, io mi farei due domande su ‘sti valori tradizionali: se non contemplano il rispetto delle persone, che razza di valori sono?
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Ma infatti si qualificano da soli…
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Prima o poi dovrò recuperarlo. Sono perfettamente d’accordo con le tue riflessioni finali. Negli anni ho lavorato parecchio cercando di distogliere il focus dai miei interessi quando questi possono danneggiare qualcun altro. Non sempre è facile e in alcune situazioni è difficile discernere ciò che è giusto fare. Questa però non deve essere una scusa da sbandierare per calpestare gli altri fregandosene delle conseguenze.
Errare è umano, perseverare è diabolico, farlo apposta è da infami.
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Sicuramente è capitato a tuttз di essere lǝ cattivǝ della storia: per sbadataggine, per immaturità, per non volersi assumere le proprie responsabilità. Possono esserci un sacco di motivi. Ma fare scientemente del male a qualcunǝ perché i tuoi principi di dicono che va bene è una vigliaccata.
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