L’Inferno è la prima delle tre cantiche della Divina Commedia di Dante Alighieri, corrispondente al primo dei Tre Regni dell’Oltretomba dove regna Lucifero (che originariamente significava «angelo della luce») e il primo visitato da Dante nel suo pellegrinaggio ultraterreno, viaggio destinato a portarlo alla Salvezza. Il mondo dei dannati, suddiviso secondo una precisa logica morale derivante dall’Etica Nicomachea di Aristotele, è frutto della somma e della sintesi del sapere a lui contemporaneo. L’inferno dantesco è il luogo della miseria morale in cui versa l’umanità decaduta, privata ormai della Grazia divina capace di illuminare le azioni degli uomini. Le successive cantiche sono il Purgatorio ed il Paradiso. [Wikipedia]

Si può dire che la Commedia di Dante sia la summa letteraria della filosofia medievale italiana ed europea ed è pazzesco che, settecento anni dopo, sia un’opera ancora così letta e amata: non tanto per il volgare del Trecento, che con l’aiuto delle note e, al limite, di una parafrasi non è così proibitivo, ma per il codice etico al quale Dante fa riferimento, che è piuttosto diverso dal nostro contemporaneo.

Ora, mi rendo conto di dover circoscrivere questa affermazione, visto che ci sono ancora parecchie persone che rimpiangono i bei tempi (sic) in cui il suicidio e le relazioni al di fuori del matrimonio erano visti come peccati gravissimi; tuttavia, mi sento abbastanza sicura nel dire che, anche senza arrivare a chi come me ha problemi con la stessa esistenza di dio oltre che con il concetto di dannazione e salvezza eterna, la nostra etica si è fortemente laicizzata e molte certezze dell’etica cristiana ci sembrano aliene e anche pericolose.

Quindi mentre mi rileggevo l’Inferno con gran gusto, mi sono chiesta: perché riesce a piacere ancora così tanto nonostante questo? Innanzi tutto penso che sia perchè Dante non è salito in cattedra a fare la morale allз suoз lettorз, ma si è posto come una persona che ha smarrito la diritta via e quindi quasi alla pari con lз dannatз, dallз quali lo separa solo la possibilità di poter ancora cambiare.

Un altro motivo per cui l’Inferno ci piace è che ospita una serie di dannatз che oggi non piazzeremmo di certo all’Inferno (penso a Paolo e Francesca, allз suicidз e pure al povero Virgilio, che, insieme alle altre anime del Limbo, non ha altra colpa se non quella di essere nato troppo presto) e che accendono la nostra pietà per quella che leggiamo come una condanna ingiusta, spropositata e pure eterna. Magari chi è credente riesce a temperare questo senso di ingiustizia con la fede; a me rimane il dispiacere di una pena eticamente discutibile.