Ci sembra di sapere tutto della storia di Circe, la maga raccontata da Omero, che ama Odisseo e trasforma i suoi compagni in maiali. Eppure esistono un prima e un dopo nella vita di questa figura, che ne fanno uno dei personaggi femminili più fascinosi e complessi della tradizione classica. Circe è figlia di Elios, dio del sole, e della ninfa Perseide, ma è tanto diversa dai genitori e dai fratelli divini: ha un aspetto fosco, un carattere difficile, un temperamento indipendente; è perfino sensibile al dolore del mondo e preferisce la compagnia dei mortali a quella degli dèi. Quando, a causa di queste sue eccentricità, finisce esiliata sull’isola di Eea, non si perde d’animo, studia le virtù delle piante, impara a addomesticare le bestie selvatiche, affina le arti magiche. Ma Circe è soprattutto una donna di passioni: amore, amicizia, rivalità, paura, rabbia, nostalgia accompagnano gli incontri che le riserva il destino – con l’ingegnoso Dedalo, con il mostruoso Minotauro, con la feroce Scilla, con la tragica Medea, con l’astuto Odisseo, naturalmente, e infine con la misteriosa Penelope. Finché – non più solo maga, ma anche amante e madre – dovrà armarsi contro le ostilità dell’Olimpo e scegliere, una volta per tutte, se appartenere al mondo degli dèi, dov’è nata, o a quello dei mortali, che ha imparato ad amare. Poggiando su una solida conoscenza delle fonti e su una profonda comprensione dello spirito greco, Madeline Miller fa rivivere una delle figure più conturbanti del mito e ci regala uno sguardo originale sulle grandi storie dell’antichità.

Indubbiamente Miller ha saputo ben fruttare i suoi studi classici, facendo sì che le permettessero di scrivere con cognizione di causa di mitologia greca. Dimenticate quegli imbarazzanti retelling dove le divinità greche sono buone, gli eroi vivono per sempre felici e contenti e le loro compagne si struggono per loro. Miller non conosce semplicemente i miti greci, conosce molto bene i testi e la cultura che l’ha prodotta, il che fa tutta la differenza del mondo quando vuoi metterci le mani.

La conoscenza di Miller, infatti, le permette di reinterpretare la figura di Circe e dei personaggi che entrano in relazione con lei mantenendo la coerenza narrativa con le fonti greche e trasmetendo al contempo un’idea di antica Grecia tramite l’uso sapiente di espressioni tratte dall’osservazione della natura che ai tempi servivano per rendere familiari eventi che non lo erano affatto.

Ho trovato molto realistica (rispetto alle fonti greche, ovviamente) la descrizione delle divinità, nella loro totale alterità dagli esseri umani, alterità che le rende pericolose e infide come serpenti velenosi. Hanno un potere immenso, ma basta che salti loro la mosca al naso e senza che tu te ne accorga sei mortǝ – se ti va bene. Evidentemente lз anticз grecз avevano più chiaro di noi come avere da sempre molto potere non renda dei soggetti particolarmente ragionevoli.

In quanto dea dalla voce umana, Circe è una figura liminale tra l’immortalità e la mortalità ed è dotata di un potere magico specializzato nella traformazione, che la farà oscillare tra i due mondi, fino alla scelta definitiva. In questo senso è una storia molto classica e non posso dire di essere rimasta sorpresa da nessuno degli sviluppi, ma mi sembra sciocco aspettarsi sconvolgimenti da un romanzo che ha nella sua ossatura la fedeltà alle fonti. Però è un romanzo molto piacevole da leggere e scommetto che Miller ha già appassionato alla mitologia greca un sacco di gente: che vogliamo chiederle di più?