Buon lunedì, prodi seguaci!💃🏻

I libri-droga esistono e uno di questi è La fiera delle vanità di William Makepeace Thackeray: questo fine settimana ne ho letto centinaia di pagine senza nemmeno rendermene conto. Ottimo classico da estate, se siete in cerca di un mattone dell’Ottocento da affrontare con i primi caldi.

Quale amore, quale fedeltà e costanza possono eguagliare quelli di un’assistente ben pagata? Vi sprimaccia i cuscini, vi prepara pasti nutrienti, si alza la notte e sopporta i vostri lamenti, vede il sole scintillare all’aperto e non esce di casa, dorme su una poltrona e mangia in solitudine, passa lunghe serate senza far nulla, sorvegliando le ceneri del caminetto e la pozione che bolle nel pentolino; legge e rilegge sempre lo stesso settimanale, e ‘La mistica chiamata o il dovere primario dell’uomo’ è l’unico prodotto letterario a sua disposizione nel corso dell’anno. E noi troviamo da ridire se i suoi parenti, che la vengono a trovare una volta alla settimana, nascondono un po’ di gin nel cesto della biancheria!

Progettato e iniziato intorno al 1844-45, pubblicato a puntate nel 1847, in volume l’anno successivo, La fiera delle vanità è il romanzo più noto di Thackeray. In queste pagine si narrano le vicende parallele di due donne molto diverse: Becky Sharp, tanto coraggiosa e intelligente quanto astuta, arrivista e priva di scrupoli, e la compagna di scuola Amelia Sedley, emblema di virtù ma anche terribilmente ingenua e un po’ sciocca. Dominato da un garbato sarcasmo che a tratti si trasforma in un’ironia più feroce, La fiera delle vanità sconvolse la società letteraria vittoriana per la schietta descrizione della realtà sociale dell’epoca, che sia l’ambiente mondano londinese, quello esotico dell’India colonizzata, quello militare, rozzo e primitivo, oppure quello ipocrita e perbenista della Chiesa. Su questo molteplice sfondo si snoda con incredibile fluidità una narrazione dominata da molteplici personaggi. Manca, in questo romanzo, un eroe completamente positivo: al suo posto, per la prima volta, si muovono sulla pagina figure che non sono semplici manichini, ma uomini in carne e ossa.

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