Isandor, City of Spires.
A hundred and thirty years have passed since Arathiel last set foot in his home city. Isandor hasn’t changed—bickering merchant families still vie for power through eccentric shows of wealth—but he has. His family is long dead, a magical trap has dulled his senses, and he returns seeking a sense of belonging now long lost.
Arathiel hides in the Lower City, piecing together a new life among in a shelter dedicated to the homeless and the poor, befriending an uncommon trio: the Shelter’s rageful owner, Larryn, his dark elven friend Hasryan, and Cal the cheese-loving halfling. When Hasryan is accused of Isandor’s most infamous assassination of the last decade, what little peace Arathiel has managed to find for himself is shattered. Hasryan is innocent… he thinks. In order to save him, Arathiel may have to shatter the shreds of home he’d managed to build for himself.
Arathiel could appeal to the Dathirii—a noble elven family who knew him before he disappeared—but he would have to stop hiding, and they have battles of their own to fight. The idealistic Lord Dathirii is waging a battle of honour and justice against the cruel Myrian Empire, objecting to their slavery, their magics, and inhumane treatment of their apprentices. One he could win, if only he could convince Isandor’s rulers to stop courting Myrian’s favours for profit.
In the ripples that follow Diel’s opposition, friendships shatter and alliances crumble. Arathiel, the Dathirii, and everyone in Isandor fights to preserve their homes, even if the struggle changes them irrevocably.

City of Strife è un romanzo perfetto se avete voglia di un fantasy pieno di architetture che vi faranno sognare a ogni aperti e di intrighi che vi faranno continuare a macinare pagine come se non ci fosse un domani. Immagino di dovervi avvertire, quindi, che la serie non è ancora conclusa e che mancano ancora gli ultimi due volumi (anche se l’uscita di City of Torment potrebbe essere vicina, ma quest’anno è diventato presto molto strano e chissà).

Comunque, tornando a City of Strife, l’elemento più rimarchevole del libro mi sembra la costruzione dei personaggi, che dà senso a tutto il loro brigare e alle relazioni che si creano tra di loro. In particolare, ho apprezzato la presenza di personaggi che non sono forti perché capaci di impugnare una spada e far fuori centinaia di nemici con la sola forza del loro braccio – come se ne trovano a tonnellate nei fantasy – ma lo sono perché hanno il coraggio di mettere a repentaglio la loro vita e i propri privilegi per aiutare qualcun’altru.

Inoltre, c’è un antagonista così stronzo, così perverso e così viscido che fin dalle prime pagine ho iniziato a sperare che faccia una fine orribile – e che Arseneault non lo sprechi, facendogli fare una fine anticlimatica, perché è davvero una merda schifosa. A questo proposito, vi dirò di tenervi alla larga da questo romanzo se gli abusi psicologici e fisici vi mettono a disagio perché l’antagonista ne fa largo uso.

Un altro pregio del romanzo è una buona presenza di personaggi queer inseriti in maniera armonica nella storia e non come una medaglia da reclamare perché l’autrice si è ricordata che c’è vita oltre allociseterolandia. Ho delle perplessità su alcune rappresentazioni, ma molto dipenderà da come evolverà la storia, quindi per il momento ho deciso di fidarmi di Arseneault.

Quindi City of Strife non ha difetti? Sì, ce li ha. Il più macroscopico mi è sembrata una scarsa attenzione per la descrizione della magia, che non sappiamo proprio come funzioni di preciso in questo mondo. È anche vero che stiamo parlando del primo libro di una serie e c’è tempo per approfondire, oltre al fatto che l’autrice ci butta negli eventi e ci lascia lì a osservarli dipanarsi. Io non amo gli spiegoni, per carità, ma è pure bello imparare qualche dettaglio del mondo del quale si legge.