Buon lunedì, prodi seguaci!🎭

Questo fine settimana ho inziato a leggere La Traviata Norma ovvero: vaffanculo… ebbene sì! del Collettivo “Nostra Signora dei Fiori” per la RHC e mi è entrata in testa questa canzone, quindi oggi la ripropongo anche a voi (nella speranza che vi venga voglia di recuperare questo libro, che è un pezzo della nostra storia mai abbastanza ricordato).

Le luci si spengono daccapo. Si accende soltanto uno spot su Bambola che, accompagnandosi con la chitarra, canta FILA LA NORMA (sull’aria di «Fila la lana» di De André). Le parole sono di Bambola.

Fila la norma, fila il tuo ruolo

illuditi ancora di esser «normale»

così facendo non farei altro

che fare il gioco del capitale.

 

Questa sera al Teatro Quarto un casino ci sarà

dai che andiamo un po’ a vedere queste checche in libertà.

La tua frocia misteriosa già reprimi nel parlare

or che sei qua dentro maschio, smetti un po’ di recitare.

 

Conta i tuoi giorni, maschio padrone

Perché noi faremo la rivoluzione

Fuori da ghetti, omosessuale

affina le unghi contro il patriarcale.

 

È passata già mezz’ora e ancor tutto buio sta

or son stufa di aspettare che cominci il varietà

ma la norma vanitosa più vedere non si fa

sembra quasi che a teatro non ci sia più oscenità.

 

Fila la norma, fila il tuo ruolo

illuditi ancora di esser «normale»

così facendo non farei altro

che fare il gioco del capitale.

 

Ecco forse un po’ di luci fan vedere qualche cosa

la traviata norma è varia ed alquanto numerosa.

Ma le frocie che ci fanno! Su venite qua con noi

la comparsa non si addice a delle gaye come voi.

 

Conta le ore, maschio padrone

perché noi facciamo rivoluzione

Tutti i devianti scesero in piazza, ad ammazzare la norma pazza

Tutti i devianti scesero in piazza, ed ammazzaron la norma pazza!

Se spettacolo teatrale significa, in primo luogo , coinvolgimento profondo dei cosiddetti spettatori, allora questa “Traviata Norma”, allestita nel 1976 da un gruppo di omosessuali dei Comitati Milanesi a Milano, Firenze e Roma, è stata un punto fermo della scena italiana, in misura ben superiore alle rappresentazioni sovvenzionate, di cui si parla abitualmente.
Qui la “diversità” si fa gioco della “normalità” e il rimosso decide di manifestarsi come forza viva che incita contagiosamente alla trasgressione.
Da questo spettacolo, il libro intende disseminare altrove la pungente effervescenza attraverso i testi – ora ironici, ora critici, ora tristi e grotteschi – delle “attrici” e delle “spettatrici” alle quali ha dato faccia l’obbiettivo amico di Guia Sambonet.