Buon lunedì, prodi seguaci!🤧
Come ve la passate in questi giorni dopo l’arrivo del virus del Covid-19 in Italia? Io penso che, insieme alle istruzioni utili per evitare il contagio e per sapere cosa fare se si crede di essere stati contagiati comunque, dovrebbero consigliare caldamente anche di stare lontano da televisione e buona parte della stampa. Mi pare igenico quanto lavarsi bene e spesso le mani evitare chiunque ti dica che non bisogna farsi prendere dal panico mentre fa di tutto per fartelo venire.
I miei consigli per un’informazione igienica, oltre ai canali istituzionali come il Ministero della Salute, sono tre: Il Post, Valigia Blu e Internazionale.
E dopo i miei 2 cents da servizio pubblico, torno ai libri. La scorsa settimana ho letto questo libriccino, Calila e Dimna, pubblicato da Iperborea: si tratta della rinarrazione da parte di Kader Abdollah di uno dei libri più importanti della cultura persiana, che contiene diverse storie che per noi hanno il sapore delle Mille e una notte.
Disse Calila: “Ti ho raccontato questa storia per spiegarti che i cattivi pensieri hanno sempre come conseguenza la sventura. Ma tu, Dimna, sei così avido e violento dentro che non ho parole per descriverlo. Tra poco raccoglierai ciò che hai seminato. Tu mi ricordi quel fiore che è tanto bello da vedere, ma che appena vuoi coglierlo ti punge. Hai la lingua biforcuta come quella di un serpente, ma tu sei più terribile, perché a te il veleno esce da entrambe le punte. Non mi sono mai fidato e ho sempre avuto paura di te. La nostra amicizia è come quella tra il serpente e il cacciatore di serpenti. Per quanti sforzi il cacciatore facesse per addomesticare il serpente e tenerselo amico, non ci riuscì. Alla fine il serpente lo morse con i suoi denti velenosi e lo uccise. Tu sei uno di quegli esseri da cui bisogna tenersi lontani, per paura del tuo puzzo e dei tuoi denti velenosi. Ciò che hai fatto al sultano ha messo fine alla nostra amicizia. Il tuo atteggiamento verso i tuoi amici assomiglia alla storia del mercante che una volta disse: ‘In una città dove un topo riesce a mangiare trecento chili di ferro, non è strano che un’aquila afferri un bambino di trenta chili e voli via.’”

Dalla scoperta delle Mille e una notte, il mondo esotico di un millenario oriente in cui si mescolano tradizioni indiane, persiane e arabe, con i suoi scià e visir, eremiti e bramini, fanciulle belle come la luna e mariti gelosi, servi infidi e improvvidi mercanti, animali parlanti a specchio di umani vizi e virtù, è per noi sinonimo di fiaba, parte inscindibile del nostro immaginario fantastico. È a questa stessa tradizione che appartiene Calila e Dimna, “uno dei sei o sette antichi libri persiani più importanti, la nostra prosa più bella”, dice Kader Abdolah che l’ha voluto rielaborare nel suo olandese icastico e poetico, per offrirlo in moderna versione, filtrata dalla sua sensibilità di scrittore esule, come un “antico gioiello” donato ai lettori occidentali. Al cospetto di Ray Dabashelim, lo scià dell’India, è il bramino Bidpai chiamato a svolgere il ruolo di Shahrazad, e a trovare per ogni caso della vita il giusto hekayat, il racconto che diverta e serva da esempio. Ma in ogni storia un personaggio si fa a sua volta narratore e gli hekayat si incastrano uno nell’altro in una spirale di aneddoti, apologhi ed episodi in cui uomini e animali, come gli emblematici sciacalli del titolo, si alternano per mettere in scena, più che un insegnamento morale, l’infinita varietà della commedia umana. Se l’inganno, il tradimento e i nemici sono sempre in agguato e l’ambizione e l’avidità portano facilmente alla rovina, non sempre i vizi vengono puniti e le virtù premiate: spesso la fortuna vale più del merito, e chi detiene il potere preferisce ascoltare chi lo adula e condanna chi lo critica dicendo la verità. “Nessuno sfugge al suo destino, né le dure montagne, né i cerbiatti con le loro zampette bianche”, ma due cose restano nel fluttuare della sorte: l’amicizia capace di superare antichi odi, e quella sospensione miracolosa del fluire del tempo data dalla parola, l’erba curativa contro gli irrimediabili mali della vita che, come i personaggi del libro, continuiamo a chiedere agli scrittori: “Raccontaci la storia.”