Buon venerdì, prodi seguaci!🐣

Siamo alla prima scelta delle task da coprire per il primo mese del 2020, ma prima lasciatemi scrivere che la 2019 RHC mi ha dato davvero tante soddisfazioni: ho amato molto la gran parte dei libri scelti, con alcune scoperte molto interessanti (le ultime due recensioni, di Reverb e Volti nell’acqua, dovrebbero uscire la prossima settimana). Bilancio molto positivo, sono contentissima di imbarcarmi nuovamente all’avventura!⛵

Via alle prime task dell’anno!

La prima task è la numero 16, che stabilisce di leggere un mattone (oltre 500 pagine) pubblicato dopo il 1950 e scritto da una donna: della serie, partiamo in quarta!😂 Spulciando la mia infinita TBR (cioé, sono arrivata a superare gli 800 libri, qualcunu mi fermi), ho trovato Padiglioni lontani di M.M. Kaye, pubblicato nel 1978 e bestseller da milioni di copie dal quale è stata tratta anche una miniserie.

L’elemento che mi spaventa di più di Padiglioni lontani non è tanto la mole quanto il rischio che abbia un punto di vista parecchio colonialista: è vero che non è il caso di paragonare la sensibilità del 1978 a quella del 2020, ma, visto che già mi si prospetta come una storia profondamente influenzata dai poemi romantici del XIX secolo (aspetto che per quanto mi riguarda non depone affatto a suo favore), sono un po’ preoccupata. E prevenuta.

Kaye, sorprendimi!

Se vi incuriosisce, io ho recuperato una vecchia edizione Mondadori in biblioteca, ma ho visto che è stato ristampato con lo stesso titolo per E/O.

Comincia nell’India della metà Ottocento, all’epoca dell’Impero retto dalla giovane regina Vittoria, questo romanzo dedicato a questo paese, alla sua gente e alla sua cultura. Il libro è insieme il racconto di un amore indimenticabile: quello tra Ash, un giovane ufficiale inglese allevato come un indù all’ombra dell’Himalaya, e Juli, una principessa indiana. La loro vicenda, che trascende il tempo e lo spazio e domina il flusso degli eventi, si intreccia con quella di un paese dall’atmosfera magica, percorso però da inquietudini profonde. Dai palazzi sontuosi dei maharajah agli agguati nelle gole di impervie montagne, dalla guerra afgana ai “suttee”, dove le vedove si bruciavano sulla pira dei mariti defunti, il romanzo restituisce la storia e l’atmosfera dell’India di allora.

La task 19, invece, prevede di leggere un libro scritto da o su unu rifugiatu e la scelta è ricaduta su un libro che ho acquistato da poco, Nessun amico se non le montagne di Behrouz Boochani, portato in Italia da Add Editore. È probabile che conosciate la storia di questo libro, visto che ha ottenuto una certa popolarità anche in Italia: Boochani è stato costretto a lasciare l’Iran ed è arrivato con molte difficoltà in Australia, dove viene confinato nel centro di detenzione per immigrati irregolari di Manus Island in Papua Nuova Guinea.

Per denuciare le condizioni disumane del centro, Boochani, tra le altre cose, ha mandato questo libro un messaggio alla volta tramite WhatsApp al suo amico Omid Tofighian, che lo ha tradotto dal persiano all’inglese.

Immagino non ci sia altro da aggiungere.

2013, Ilam, Kurdistan iraniano. Dopo le intimidazioni e l’arresto di alcuni colleghi giornalisti, Behrouz Boochani raggiunge clandestinamente l’Indonesia. Sopravvissuto a un naufragio nel tentativo di arrivare in Australia, si ritrova esiliato in un’isola nel mezzo dell’oceano, nel centro di detenzione per immigrati irregolari di Manus Island in Papua Nuova Guinea. Qui Boochani inizia un’intensa campagna di denuncia della politica anti-migratoria australiana e delle umiliazioni cui vengono sottoposti i rifugiati: articoli, documentari e questo libro, digitato in persiano su un cellulare e mandato, di messaggio in messaggio, a Omid Tofighian che lo ha tradotto in inglese. “Nessun amico se non le montagne” racconta i terrificanti viaggi per mare, e la vita quotidiana nel carcere di Manus, nella sua banalità degradante e disumanizzante – la fame, il sole impietoso, le zanzare torturatrici, i bagni che non funzionano, le code per mangiare, per il telefono e per farsi curare. «Aspettare», scrive Boochani, «è uno strumento di tortura usato nelle segrete del tempo.» In uno stile che intreccia prosa e poesia, commento politico e mito, Boochani mette in scena un’umanità tragica e grottesca, ma anche generosa e resistente. Nel suo palcoscenico si muovono Nostra Signora Golshifteh, Il Primo Ministro, Il Gigante Gentile, La Mucca, il Ragazzo dagli Occhi azzurri, Il Pinguino, Il Profeta, Il Papà Del Bambino Di Pochi Mesi, Maysam la Puttana, Il Ragazzo Rohingya… Sullo sfondo, sempre presente, una natura magnifica e terribile, compagna e incubo dei prigionieri senza speranza sull’isola di Manus, in attesa che le loro vite riprendano.

Che ne pensate? Conoscevate questi libri o vi ho messo curiosità? Fatemi sapere!

Buon fine settimana!💛