Una raccolta di racconti in attesa del giorno più speciale dell’anno, Natale, argomento per una storia, ma anche semplicemente sfondo, ispirazione o morale.
De Marchi, la Deledda, la sorprendente Haydée, Bianciardi, l’anderseniana Contessa Lara, Verga, Buzzati, Bedeschi, Pirandello, D’Annunzio, Guareschi, Zavattini, ma anche Mozzi e Lodoli, sono solo alcuni tra i venticinque scrittori italiani dell’Otto e Novecento presenti in questo volume.
Ci narrano la solitudine del giorno che più accomuna, la povertà tra l’abbondanza più sfacciata. Rammentano, a chi l’avesse scordata, l’origine della festa, ammoniscono chi dà per scontati la gioia, il calore, la famiglia. Per una volta, infatti, lo scopo dello scrittore non è intrattenere la compagnia, ma ricordarle perché si è riunita; il suo compito, solenne e sentito, è spiegarci che cos’è veramente il Natale.

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Se volete leggere i racconti classici di Natale della nostra tradizione letteraria, potrebbe interessarvi questa raccolta, nella quale sono presenti nomi noti come quello di Dino Buzzati, Grazia Deledda e Luigi Pirandello.

A dispetto dell’immagine in copertina, una cartolina di auguri natalizi tedesca del XIX secolo – mi informa l’editore – che richiama tenerezza, gioia e innocenza, Aspettando il Natale dà un’immagine di questa festività tutt’altro che idilliaca. Anzi, molti racconti mostrano come lo spirito natalizio metta in luce rimpianti, solitudini, dolori: se siete sovraccaricu di buoni sentimenti e luci sfavillanti, questa raccolta fa per voi.

Non ho trovato nemmeno dei riferimenti invasivi alla religione, il che mi ha fatto pensare al fatto che è molto tempo che questa festa si va laicizzando, con buona pace deu cattolicu che si disperano nel vedere festeggiare il Natale anche fuori dalle chiese.

Ho apprezzato molto, invece, i numerosi riferimenti alla povertà, che mi sembra sia andata scomparendo nel modo in cui viviamo e pensiamo la festa del Natale. Ultimamente vedo spopolare commedie romantiche, sia in film/serie tv sia in libri, ma sarebbe bello continuare a dare spazio chi non ne ha mai abbastanza (e con questa mania del decoro ne ha sempre meno).

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