
La scioccante storia di un trafficante di esseri umani. La tragedia dei migranti raccontata dalla voce contraddittoria di un carnefice, vittima del ricatto di un Paese nel caos.
«Ci chiamano mercanti della morte, immigrazione clandestina, la chiamano. Io sono la sola cosa legale di questo Paese. Prendo ciò che è mio, pago a tutti la loro parte. E anche il mare, anche il mare si tiene una parte della mia mercanzia. Mi chiamo Khaled, il mio nome significa immortale. Mi chiamo Khaled e sono un trafficante».
Khaled è libico, ha poco più di trent’anni, ha partecipato alla rivoluzione per deporre Gheddafi, ma la rivoluzione lo ha tradito. Così lui, che voleva fare l’ingegnere e costruire uno Stato nuovo, è diventato invece un anello della catena che gestisce il traffico di persone. Organizza le traversate del Mediterraneo, smista donne, uomini e bambini dai confini del Sud fino ai centri di detenzione: le carceri legali e quelle illegali, in cui i trafficanti rinchiudono i migranti in attesa delle partenze, e li torturano, stuprano, ricattano le loro famiglie. Khaled assiste, a volte partecipa. Lo fa per soldi, eppure non si sente un criminale. Perché abita un Paese dove sembra non esserci alternativa al malaffare. Francesca Mannocchi, giornalista e documentarista che da molti anni si occupa di migrazioni e zone di conflitto, ci restituisce la sua voce. Le sue parole raccontano un mondo in cui la demarcazione tra il bene e il male si assottiglia.
2019 RHC, Task 5: Un libro di unə giornalista o sul giornalismo
A chi ama una rigida separazione tra fiction e non fiction questo libro potrebbe non piacere troppo: Mannocchi usa la sua profonda conoscenza della Libia per spiegarci quale sia la situazione attuale, soprattutto in riferimento alla condizione delle persone migranti, ma sceglie di filtrarla attraverso la finzione, attraverso gli occhi di un ipotetico trafficante.
A me è una scelta che è piaciuta molto, perché riesce allo stesso tempo a essere un resoconto puntuale dei fatti e a farti sentire qual è il prezzo umano pagato alla rivoluzione libica: l’amarezza per il gattopardismo dimostrato dallə libicə è soverchiante e si aggiunge allo spreco di vite umane, andate perdute in nome di un cambiamento che nei fatti non c’è stato.
Inoltre, non ho potuto fare a meno di ammirare il coraggio di Mannocchi nel scegliere il punto di vista di qualcuno che nel racconto che ci facciamo della Libia è sempre e soltanto il cattivo. Apprezzo molto il fatto di aver riportato complessità in una narrazione ipersemplificata e anche mistificata, visto che si continua a spacciare per migliorabili gli accordi con la Libia e per guardia costiera libica gruppi di criminali.
Tutto questo senza bisogno di fare sermoni: Io Khaled vendo uomini e sono innocente si legge in un soffio, scorre veloce come dovrebbe farlo la nostra indignazione di fronte al disprezzo per i diritti umani.

Non ho letto il libro, ma ho avuto modo di guardare diversi sui reportage sulla Libia: ammiro il suo coraggio e la sua capacità di raccontare con sguardo lucido ed incisivo realtà così difficili. Grazie per aver proposto questo testo.
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Sì, è davvero una professionista notevole. Grazie a te di essere passata💛
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Sarà il libro che già per sua natura appare molto interessante nel suo trattare una tematica purtroppo crudelmente attuale, o sarà il modo delicato, quasi sfiorandolo, in cui l’hai trattato tu, però vorrei leggerlo. Grazie per averlo proposto (il libro e il discorso sul traffico di esseri umani): c’è bisogno di parlarne, di sensibilizzare.
A presto!
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È un bellissimo libro che, nonostante la tematica, è anche scorrevole. Sono contenta di avertelo fatto incrociare💜
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