Buon venerdì, prodi seguaci!⛈️

Piove a catinelle da una settimana, ma finalmente sono tornata in possesso del mio amato pc: riattaccati i cavi sono pronta a tornare alla tastiera! Yeah!🙋

Quindi aggiornamento veloce sulla 2019 RHC: non procede benissimo, ma soltanto perché ho messo le mie mani sui libri che avevo prenotato in biblioteca solo adesso, quindi questo mese conto di recuperare le letture perse. A onor del vero, avevo preso Volti nell’acqua di Janet Frame in ebook, ma la verità è che il primo capitolo mi ha un po’ spaventata e ho rimandato la lettura… eh, eh, eh…😇

Comunque, per novembre ho deciso di buttarmi sulle task numero 1 e 5.

La task 1 prevede di leggere un romanzo epistolare o una raccolta di lettere e, dopo una casuale visita sul catalogo di Prime Reading, ho incrociato Lettere a Theo di Vincent van Gogh e ho pensato che potesse essere una lettura interessante. Ho sempre sentito parlare del bellissimo rapporto di Vincent col fratello Theo e sono curiosa di leggere le sue lettere.

“Caro Theo”: per molto tempo, dall’agosto 1872 fino al 27 luglio 1890, due giorni prima di morire dopo essersi sparato un colpo di rivoltella, Vincent Van Gogh scrisse al fratello Theo con una costanza che trova il solo termine di paragone nell’amore che egli nutriva per lui. Per molto tempo Theo fu il suo unico interlocutore; sempre fu quello privilegiato, il solo cui confidò le pene della mente e del cuore. Del resto, le lettere a Theo (qui presentate in una scelta che riprende, con qualche variante, la versione integrale apparsa in Italia nel 1959) costituiscono la gran parte dell’epistolario vangoghiano. Dalla giovinezza alla piena maturità, esse ci permettono di seguire, quasi quotidianamente, la vicenda artistica e umana del grande pittore.

La task 5, invece, stabilisce di leggere un libro di unə giornalista o sul giornalismo e la scelta è ricaduta su Io Khaled vendo uomini e sono innocente di Francesca Mannocchi, un libro che volevo leggere da tempo e che ho divorato non appena ci ho messo le mani sopra. Scrivere delle vittime è relativamente facile, ma per scrivere dei carnefici ci voleva una giornalista preparata come Mannocchi.

La scioccante storia di un trafficante di esseri umani. La tragedia dei migranti raccontata dalla voce contraddittoria di un carnefice, vittima del ricatto di un Paese nel caos.
«Ci chiamano mercanti della morte, immigrazione clandestina, la chiamano. Io sono la sola cosa legale di questo Paese. Prendo ciò che è mio, pago a tutti la loro parte. E anche il mare, anche il mare si tiene una parte della mia mercanzia. Mi chiamo Khaled, il mio nome significa immortale. Mi chiamo Khaled e sono un trafficante».
Khaled è libico, ha poco più di trent’anni, ha partecipato alla rivoluzione per deporre Gheddafi, ma la rivoluzione lo ha tradito. Così lui, che voleva fare l’ingegnere e costruire uno Stato nuovo, è diventato invece un anello della catena che gestisce il traffico di persone. Organizza le traversate del Mediterraneo, smista donne, uomini e bambini dai confini del Sud fino ai centri di detenzione: le carceri legali e quelle illegali, in cui i trafficanti rinchiudono i migranti in attesa delle partenze, e li torturano, stuprano, ricattano le loro famiglie. Khaled assiste, a volte partecipa. Lo fa per soldi, eppure non si sente un criminale. Perché abita un Paese dove sembra non esserci alternativa al malaffare. Francesca Mannocchi, giornalista e documentarista che da molti anni si occupa di migrazioni e zone di conflitto, ci restituisce la sua voce. Le sue parole raccontano un mondo in cui la demarcazione tra il bene e il male si assottiglia.

E questo è quanto! Vi auguro un piacevole fine settimana!

A presto!☔