There Are More Beautiful Things Than Beyoncé uses political and pop-cultural references as a framework to explore 21st century black American womanhood and its complexities: performance, depression, isolation, exoticism, racism, femininity, and politics. The poems weave between personal narrative and pop-cultural criticism, examining and confronting modern media, consumption, feminism, and Blackness. This collection explores femininity and race in the contemporary American political climate, folding in references from jazz standards, visual art, personal family history, and Hip Hop. The voice of this book is a multifarious one: writing and rewriting bodies, stories, and histories of the past, as well as uttering and bearing witness to the truth of the present, and actively probing toward a new self, an actualized self. This is a book at the intersections of mythology and sorrow, of vulnerability and posturing, of desire and disgust, of tragedy and excellence.


2019 RHC, Task 24: Una raccolta di poesia pubblicate dopo il 2014

Ho comprato questo libro colpita da questa copertina e da questo titolo che mi sembravano gridare Fuck The Patriarchy con fierezza e sprezzo di ogni disapprovazione moralista. In effetti, ci sono dei versi molto belli sull’essere una donna nera in questi USA (e in questo mondo) dove essere una donna e avere la pelle nera diventa sempre più difficile.

Confesso che il motivo per cui queste poesie non mi hanno rubato il cuore ha più a che fare con la mia ignoranza che con qualche demerito di Morgan Parker. Non sono una persona particolarmente addentro alla cultura pop, non perché sia chissà quanto snob, ma piuttosto perché ne conosco solo determinati aspetti che hanno attratto la mia attenzione nel corso del tempo.

Per mia sfortuna, There Are More Beautiful Things Than Beyoncé è zeppo di riferimenti a prodotti culturali che non ho visto, ascoltato o letto e quindi ho la sensazione di aver capito meno del cinquanta per cento dei versi che contiene. My bad.

Il colmo suppongo essere il fatto che non conosco nemmeno Beyoncé – non che non sappia chi sia, non arrivo a questi punti, ma è un’artista che non ascolto e della quale so pochissimo oltre al fatto che sia considerata praticamente una dea. E non l’ascolto non perché non mi piace – non voglio scatenare l’ira funesta di chi l’adora – ma semplicemente perché penso di non avere l’orecchio abituato al R&B.

Quindi sappiate che There Are More Beautiful Things Than Beyoncé potrà richiedervi almeno un’infarinatura della produzione artistica di diversə artistə afroamericani per poter comprendere bene i suoi testi. Vorrei dirvi che sto scrivendo questa recensione con in sottofondo Beyoncé, ma in realtà sto ascoltando Tina Turner (che non è nel titolo, ma viene citata in 13 Ways of Looking at a Black Girl).