Buon lunedì, prodi seguaci!🏜

Questo fine settimana mi sono dedicata alla rilettura de Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, che era il libro scelto per luglio per LiberTiAmo e che io ho letto solo ora perché dovevo cercarlo e non sapevo dov’era!😂

Comunque, sempre da brividi lungo la schiena, il buon Buzzati…

Dietro quel fiume – dirà la gente – ancora dieci chilometri e sarai arrivato. Invece non è mai finita, le giornate si fanno sempre più brevi, i compagni di viaggio più radi, alle finestre stanno apatiche figure pallide che scuotono il capo.

Fino a che Drogo rimarrà completamente solo e all’orizzonte ecco la striscia di uno smisurato mare immobile, colore di piombo. Oramai sarà stanco, le case lungo la via avranno quasi tutte le finestre chiuse e le rare persone visibili gli risponderanno con un gesto sconsolato: il buono era indietro, molto indietro e lui ci è passato davanti senza sapere. Oh, è troppo tardi ormai per ritornare, dietro a lui si amplia il rombo della moltitudine che lo segue, sospinta dalla stessa illusione, ma ancora invisibile sulla bianca strada deserta.

Giovanni Drogo adesso dorme nell’interno della terza ridotta. Egli sogna e sorride. Per le ultime volte vengono a lui nella notte le dolci immagini di un mondo completamente felice. Guai se potesse vedere se stesso, come sarà un giorno, là dove la strada finisce, fermo sulla riva del mare di piombo, sotto un cielo grigio e uniforme e intonso e intorno né una casa né un uomo né un albero, neanche un filo d’erba, tutto così da immemorabile tempo.

“Il deserto dei Tartari” narra la storia di Giovanni Drogo, che una mattina di settembre parte dalla città per raggiungere la fortezza Bastiani, dove trascorrerà tutta l’esistenza. Il suo viaggio sembra portare ai confini del mondo abitato, in una costruzione militaresca che appare “antica e deserta”, in un luogo in cui ristagna un torpore misterioso e tutto, dalle mura al paesaggio, traspira un’aria inospitale e sinistra. Per trent’anni Giovanni Drogo subisce l’oscuro male dei fortini, delle ridotte, delle casematte, e quella sorta di stregata immobilità si insinua fra i personaggi, come per salvaguardare il presentimento di nobili imprese. Qui Drogo attende, come tutti gli altri, che qualcosa dal deserto si muova, ma questo accade quando la sua vita è giunta al vero confine dell’uomo ed egli muore solo, in una povera locanda sulla strada di ritorno verso casa. La storia acquista così una sua forza allegorica, che investe tutti gli uomini, il senso delle loro azioni e della loro esistenza.