C’era una volta… una principessa? Macché! C’era una volta una bambina che voleva andare su Marte. Ce n’era un’altra che diventò la più forte tennista al mondo e un’altra ancora che scoprì la metamorfosi delle farfalle. Da Serena Williams a Malala Yousafzai, da Rita Levi Montalcini a Frida Kahlo da Margherita Hack a Michelle Obama, sono 100 le donne raccontate in queste pagine e ritratte da 60 illustratrici provenienti da tutto il mondo. Scienziate, pittrici, astronaute, sollevatrici di pesi, musiciste, giudici, chef… esempi di coraggio, determinazione e generosità per chiunque voglia realizzare i propri sogni.
Storie della buonanotte per bambine ribelli non ha ormai bisogno di presentazioni: il progetto, nato per insegnare alle bambine che anche loro possono aspirare a fare grande cose tramite il racconto delle vite di cento donne coraggiose, ha suscitato grande entusiasmo e ha raccolto oltre un milione di dollari su Kickstarter, diventando uno dei libri più finanziati grazie al crowfunding. L’otto marzo scorso è arrivato anche in Italia e da due mesi è nella classifica dei libri più venduti.
Sicuramente il successo di questo libro dimostra una vera e propria fame di rompere gli stereotipi di genere: non ne possiamo davvero di più di gente che ci dice cosa possiamo o non possiamo fare e di “tornare in cucina” perché le donne non hanno mai fatto niente di rilevante.
Ero quindi molto contenta quando sono riuscita a metterci le mani sopra non appena la mia biblioteca l’ha acquistato: con la sua copertina morbidosa, poi, e le splendide illustrazioni ha fin da subito scatenato la feticista del libro che è in me. Tuttavia, leggendolo, mi sono resa conto che non è tutto oro quello che luccica.
Sono certa che sappiate delle critiche che ha sollevato: Michela Murgia si è lamentata del titolo che ne fa un libro indirizzato solo alle bambine, della eccessiva banalizzazione dei contenuti e complessità di linguaggio e di come è stata descritta Virginia Woolf e dell’inserimento di Margaret Thatcher.
Per quanto mi riguarda, sono molto d’accordo con Murgia sul titolo e anche sulla perplessità su come sono state tratteggiate alcune figure. Infatti, non mi pare il caso di festeggiare se l’imperatrice giapponese Jingū ha invaso la Corea. Mi direte: ma Jingū è vissuta nel II secolo, le cose allora erano diverse, oggi sappiamo che la guerra di aggressione è sbagliata, indipendentemente dal genere di chi la scatena. Sì, lo sappiamo noi adulti: ma un/a bambino/a ha gli strumenti per capirlo da solo/a, leggendo la storia che presenta Jingū in una luce positiva, come aggredire un altro Paese solo perché si è abbastanza forti da poterlo fare sia una dimostrazione di valore?
Le storture proseguono quando si parla di alcune donne che per realizzare i propri progetti hanno dovuto vestirsi da uomo (come Hatshepsut) oppure avere la benedizione (che suona un po’ troppo come “chiedere il permesso”) di qualcuno, troppo spesso il padre o il marito (come Alfonsina Strada o le sorelle Williams). Sarà storicamente accurato, ma il messaggio che trasmette è più quello della necessità di adattarsi in qualche modo alle regole che un gruppo di uomini ha stabilito per tutti/e che non quello di sovvertire quelle stesse regole, smascherandone l’iniquità e il sessismo.
Sto cercando il pelo nell’uovo? Forse. Ma ricordiamoci che raccontare a una bambina la storia di Alek Wek, dove a un certo punto si dice che un talent scout le propose di diventare una modella e che sua madre non voleva saperne, ma che alla fine questa cedette alle pressioni dell’uomo, senza che si faccia cenno a cose ne pensasse Alek, è insegnarle che il suo consenso non è importante di fronte ai desideri degli altri. Visto che ancora i “no” delle donne vengono presi per “sì” nascosti, direi che non si è mai troppo severi nel ricordare l’importanza del consenso.
In definitiva, sconsiglio questo libro? Nì, nel senso che consiglio ai genitori di leggerlo ai propri figli e alle proprie figlie, spiegando loro cosa c’è che non va in alcune di queste storie. Potrebbe essere un buon modo per iniziare ad aguzzare la loro vista e insegnare loro a riconoscere il sessismo anche laddove è più nascosto.
Ahhh con questa recensione mi hai più che confuso!! Io ho comprato il libro molto tempo fa e l ho in una sola notte. È vero che il titolo può essere quasi un esclusione rivolta ai maschietti, ma sono sicura che sia stato a scelta proprio come una provocazione. Anzi, forse far leggere a dei maschietti un libro che l, da quanto si legge nel titolo, sembra scritto solo per bambine è un buon passo, una buona cosa…. Forse le storie di alcune donne sono sicuramente più complesse di come sono riportate, e ogni storia deve essere contestualizzata. Quindi non si può essere d accordo con la Thatcher, ma è stata indubbiamente una donna i influente. Forse questo è un libro scritto per gli adulti? Travestito da fiaba?
Sono d accordo con te sulla “critica” ad alcune delle biografie, ma in generale penso che sia un buon libro da leggere sia alle bambine che hai bambini
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Ma il problema, secondo me, non è tanto l’inserimento di figure controverse come quella di Thatcher, ma il modo nel quale vengono delineate. Con lei, infatti, hanno provato a correggere il tiro dicendo qualcosa come “ad alcuni stava antipatica”, ma non mi pare granché. Avrebbero potuto semplicemente scrivere qualcosa come “fece delle cose sbagliate”, così avrebbero potuto far passare il messaggio che una donna in una posizione di potere non è sempre e comunque una cosa positiva: dipende dalle sue azioni.
Per me, questo libro è femminista nell’idea di partenza, un po’ meno nel linguaggio, che è ancora legato a un modo non paritario di vedere i generi…
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Oddio l’ho comprato e letto la settimana scorsa e mi ha lasciato perplessa per le stesse identiche cose!!! Non mi è dispiaciuto ma ho riscontrato gli stessi problemi; non penso tu stia cercando il pelo nell’uovo, se si fa un libro del genere lo si fa per bene. Il titolo in primis mi ha urtato parecchio, perché credo che farebbe bene sia ai bambini che alle bambine leggere storie di donne che non hanno permesso al mondo di limitarle e che ispirino ammirazione e rispetto. Lo stile di scrittura poi non mi è piaciuto molto, in gran parte per la questione che hai notato tu per Alek Wek, non viene mai o quasi lasciato spazio al punto di vista delle protagoniste, a come si potevano sentire ecc., poi qualche pagina in più certe storie l’avrebbero meritata, erano molto banalizzate.
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Il modo in cui sono scritte le storie penso sia il grande difetto di questo libro: alla fine, il titolo si può capire e scusare con il marketing…
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Perfettamente d’accordo >.<
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Tutte le considerazioni che fai sono giustissime, ma sono talmente rari i libri che tentano di spezzare gli stereotipi di genere che bisogna comunque apprezzarne l’intento. Io lessi Cattive ragazze. 15 storie di donne audaci, e anche lì qualche pecca c’era, ma ben vengano queste iniziative. Poi, miglioriamole!
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Non ho letto “Cattive ragazze”, ma ne ho sentito parlare. Speriamo che a forza di dire che non basta dare più spazio agli altri generi, bisogna anche cambiare il modo in cui se ne parla alla fine ci regali finalmente un buon risultato! 🙂
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Insistiamo
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Sicuramente! 😉
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L’ho comprato proprio lo scorso fine settimana… chissà! 🙂
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Fammi sapere che te n’è parso! ^^
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