“Papà” non era un titolo che Rue Morraway desiderasse, ma non aveva neppure mai pensato di fare sesso con una donna. Adesso è il padre involontario di una neonata di nome Alice. Tra il suo lavoro come barista e la scuola per parrucchieri, Rue non ha il tempo per la bambina, ma non vuole darla via. Quello di cui ha bisogno è una babysitter e sta finendo le opzioni possibili. È sul punto di lasciare la scuola per badare lui stesso ad Alice, quando gli viene in mente il suo solitario vicino, Erik.
Erik Van Nuys è uno scrittore di libri di fantascienza con un sacco di problemi d’ansia. Non ama la gente in generale e ancora meno ama i bambini. Lo stesso, con i suoi assegni per i diritti in calo, ha bisogno di un entrata extra. Malvolentieri, si cala nel ruolo del tato e ancora meno volentieri, si trova a innamorarsi di Alice e del suo spumeggiante genitore.
Rue ed Erik sono tanto diversi quanto possono esserlo due persone e Alice è la più inusuale delle bimbe, ma Rue non è mai stato tanto felice quanto lo è con lei ed Erik al suo fianco. Almeno, fino a quando non riceve un’offerta che gli farebbe raggiungere tutti i suoi sogni e non si trova di fronte a una scelta: il futuro che ha sempre sognato o la famiglia che non aveva mai creduto di desiderare?
La mia piccolina è il secondo libro che leggo dove uno dei protagonisti è uno scrittore misantropo con annessi problemi di ansia e psicopatologie varie, mentre l’altro è un modaiolo dedito al divertimento. Deve essere un’accoppiata che piace e funziona. In effetti, nemmeno a me dispiace ed è dispiaciuta, ma in La mia piccolina ci sono stati degli elementi che mi hanno stranito.
Punto primo. Il protagonista modaiolo – Rue – ha una figlia e ha bisogno di una persona che badi a lei mentre lui è a lavoro. Disperato per non essere riuscito a trovare un asilo o un* baby sitter, appioppa la figlia al neo-vicino di casa – Erik – con la sinistra fama di essere fuori come un tegolo. In effetti, uno che si nutre esclusivamente di troiai ordinati via Internet, non esce mai di casa e ha l’ansia da disordine non pare proprio il candidato dell’anno per badare a una neonata, ma niente, Rue è disperato e gliela molla lo stesso.
Un altro momento che mi ha messo seriamente a disagio è stato quando Rue si pente del suo passato allegramente zoccoleggiante – e forse ancor di più quando Erik glielo rinfaccia. Perché si sente il bisogno di pentirsi di un passato sessualmente disinibito? E perché dovrebbe essere sinonimo di superficialità se si prendono tutte le precauzioni del caso e ci si affrontano tutte le conseguenze che ne derivano?
Per il resto si tratta di un romanzo carino per passare qualche momento di svago. Rue ed Erik insieme sono molto dolci e anche piuttosto divertenti se non ci si lascia troppo distrarre dalle sciocchezzuole di cui sopra.