Copenaghen, anni Venti. Greta è una giovane americana iscritta all’Accademia delle Belle Arti. Lì conosce Einar, il suo timido e taciturno insegnante, di cui si invaghisce. I due giovani si sposano e dedicano la loro vita comune alla pittura. Greta si specializza nei ritratti e quando una sua amica non può posare per gli ultimi ritocchi, Einar si presta come modello. Indossati gli abiti femminili, il pittore finisce per immedesimarsi a tal punto da assumere un’altra identità e il nome di Lili. Da quel giorno Lili compare sempre più spesso nella vita privata e sociale della coppia fino alla decisione definitiva di Einar di affrontare un’operazione chirurgica per diventare donna.
Sono venuta a conoscenza dell’esistenza di questo libro in maniera piuttosto contorta. In primis, una mia amica mi ha fatto vedere il trailer del film The danish girl, che uscirà in Italia a febbraio 2016. Poi da un post sulla pagina Facebook del blog I dolori della giovane libraria ho scoperto che era tratto da un libro, La danese di David Ebershoff appunto. Potevo non leggerlo dato che rischio di andare a vedere il film?
La storia prende spunto da fatti realmente avvenuti: Einar Wegener è stato il primo transessuale “ufficiale” della storia, nel senso che il suo cambio di sesso è stato registrato dalle autorità ed è stato reso effettivo da diverse operazioni. Per stessa ammissione dell’autore, però, il romanzo ha soppiantato la fedele riproduzione dei fatti storici, che possono invece essere letti dal libro che Lili Elbe, il nome che Einar assunse da donna, scrisse come forma di terapia per capire meglio se stessa. Il libro ha un titolo lunghissimo, Man into woman. The first sex change, a portrait of Lili Elbe: the true and remarkable transformation of the painter Einar Wegener, e – che sorpresa! – è inedito in Italia (almeno per ora, con il film chissà).
Ecco, questo discostarsi molto dagli eventi storici mi ha un po’ infastidita, visto che questa puntualizzazione di trova alla fine del romanzo e non all’inizio. Tanto per dirne una, il fatto che Lili fosse intersessuale è solo un’ipotesi non fondata su alcun esame medico. È possibile, certo; stiamo pur sempre parlando degli anni Trenta del Novecento, quando le operazioni di cambio di sesso erano sperimentali e potenzialmente fatali, e di sicuro non si conoscevano le specificità dell’intersessualità.
Un’altra fonte di perplessità è stata la totale assenza di contesto. Tutti i personaggi presenti nel romanzo accettano Lili e la supportano nel suo percorso e il resto del mondo – intendendo tutti coloro che non facevano parte della sua cerchia – semplicemente non esiste. È vero che, storicamente, Lili aveva un gruppo di amici pronti a sostenerla, ma sappiamo anche che il suo caso suscitò molto interesse nella stampa: eppure Ebershoff non ne fa mai cenno.
Immagino che sia perché ha preferito concentrarsi su Lili e il suo cambiamento, fisico e interiore, narrato con una leggerezza eterea che è al contempo un punto di forza e una debolezza del romanzo. È un punto di forza perché è come se Ebershoff liberasse l’identità di Lili dalle pastoie di un corpo che non sente come suo. Tuttavia è anche un punto di debolezza perché alla lunga è piuttosto noioso, finisce per rendere personaggi e situazioni piatti e sempre uguali a se stessi.
Vedremo cosa avranno combinato con il film, anche se, guardando il trailer con il senno di poi, mi sembra che l’abbiano trasformato in un gran drammone (l’esatto contrario dello spirito del romanzo). Forse facendo una media tra i due ne verrà fuori qualcosa di buono…