Buon inizio di settimana! Oggi vi beccate una citazione tratta da Le intermittenze della morte di José Saramago: l’ho appena finito e non posso davvero non lasciarvi un assaggio di questo straordinario romanzo.
Erano le tre del mattino quando il cardinale dovette essere trasportato di corsa all’ospedale con un attacco di appendicite acuta che obbligò a un intervento chirurgico immediato. Prima di essere risucchiato nel tunnel dell’anestesia, in quel breve instante che precede la perdita totale della coscienza, pensò quello che tanti hanno pensato, che durante l’operazione poteva anche morire, poi si ricordò che ormai non era più possibile, e infine, in un ultimo barlume di lucidità, gli passò ancora per la mente l’idea che se, nonostante tutto, fosse morto, questo avrebbe significato che, paradossalmente, aveva vinto la morte. Trascinato da un’inarrestabile ansia sacrificale stava per implorare a dio che lo ammazzasse, ma non fece più in tempo a mettere ordine alle parole. L’anestesia lo risparmiò al supremo sacrilegio di voler trasferire i poteri della morte a un dio più generalmente conosciuto come datore di vita.
In un non meglio identificato Paese, allo scoccare della mezzanotte di un 31 dicembre, s’instaura l’eternità, perché nessuno muore più. L’avvenimento suscita a tutta prima sentimenti di giubilo e felicità, ma crea anche scompiglio in ogni strato sociale: dal governo alle compagnie di assicurazione, dalle agenzie di pompe funebri alle case di riposo e, soprattutto, nella chiesa, la cui voce di protesta si leva alta e forte: senza morte non c’è più resurrezione, e senza resurrezione non c’è più chiesa… Dopo sette mesi di ” tregua unilaterale”, con una missiva indirizzata ai mezzi di comunicazione, la morte dichiara di interrompere quel suo “sciopero” e di riprendere il proprio impegno con l’umanità.