Questa è una storia che comincia una sera a cena, quando Libero Marsell, dodicenne, intuisce come si può imparare ad amare. La famiglia si è da poco trasferita a Parigi. La madre ha iniziato a tradire il padre. Questa è la storia, raccontata in prima persona, di quel dodicenne che da allora si affaccia nel mondo guidato dalla luce cristallina del suo nome. Si muove come una sonda dentro la separazione dei genitori, dentro il grande teatro dell’immaginazione onanistica, dentro il misterioso mondo degli adulti. Misura il fascino della madre, gli orizzonti sognatori del padre, il labirinto magico della città. Avverte prima con le antenne dell’infanzia, poi con le urgenze della maturità, il generoso e confidente mondo delle donne. Le Grand Liberò – così lo chiama Marie, bibliotecaria del IV arrondissement, dispensatrice di saggezza, innamorata dei libri e della sua solitudine – è pronto a conoscere la perdita di sé nel sesso e nell’amore. Lunette lo porta sin dove arrivano, insieme alla dedizione, la gelosia e lo strazio. Quando quella passione si strappa, per Libero è tempo di cambiare. Da Parigi a Milano, dallo Straniero di Camus al Deserto dei Tartari di Buzzati, dai Deux Magots, caffè esistenzialista, all’osteria di Giorgio sui Navigli, da Lunette alle “trentun tacche” delle nuove avventure che lo conducono, come un destino di libertà, al sentimento per Anna.
Libero Marsell, le Grand Liberò, LiberoSpirito, è un personaggio “totale” che cresce con noi, pagina dopo pagina, leggero come la giovinezza nei film di Truffaut, sensibile come sono sensibili i poeti, guidato dai suoi maestri di vita a scoprire l’oscenità che lo libera dalla dipendenza di ogni frase fatta, di ogni atto dovuto, in nome dello stupore di esistere.


Per la lettura di questo romanzo, devo ringraziare questo articolo su Finzioni magazine, che lo ha portato alla mia attenzione.

Atti osceni in luogo pubblico è un romanzo di formazione che non ha nella trama il suo punto di forza. La storia, infatti, è così prevedibile da rischiare di essere banale e non riserva davvero alcuna sorpresa. Tuttavia, mi ha tenuta incollata alle pagine fino alla fine.

Il punto è che Marco Missiroli scrive maledettamente bene. È uno che sarebbe in grado di farti appassionare anche alla sua lista della spesa. Ho trovato il suo stile elegante ed evocativo, pieno di riferimenti culturali (soprattutto letterari) senza mai risultare spocchioso.

Oltretutto, trovo piuttosto pericoloso per uno scrittore nominare libri e film in un romanzo di formazione: si rischia di buttare lì titoli a caso senza inglobarli nella crescita del protagonista (Libero Marsell). Inutile dirvi che Missiroli ha superato brillantemente l’ostacolo: ogni titolo non solo accompagna alla perfezione lo sviluppo di Libero, ma sembra acquisire spessore proprio in virtù della sua importanza per la vita quotidiana. Mi è parsa un’autentica dichiarazione d’amore per la lettura e la cultura in generale e, in quanto tale, l’ho apprezzata davvero, davvero tanto.

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