Un uomo e un bambino viaggiano attraverso le rovine di un mondo ridotto a cenere in direzione dell’oceano, dove forse i raggi raffreddati di un sole ormai livido cederanno un po’ di tepore e qualche barlume di vita. Trascinano con sé sulla strada tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po’ di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande di predoni che battono le strade decisi a sopravvivere a ogni costo. E poi il bene più prezioso: se stessi e il loro reciproco amore.


Senza dubbio, uno dei romanzi più angoscianti che abbia letto nella mia vita, tanto che ho dovuto “riprender fiato” con altre letture.

I protagonisti sono un padre e un figlio: si ritrovano in un mondo devastato con nient’altro che il legame dell’uno con l’altro. La narrazione è stringata e rende (molto) bene l’urgenza di provvedere alle necessità impellenti di questi due sopravvissuti, dal cibo al calore. Il mondo attorno a loro è desolato, polveroso e attraversato da predoni cannibali: padre e bambino non possono far altro che appoggiarsi a vicenda, sostenendo la reciproca voglia di vivere. Una vita che stenta a trovare il senso del vivere quando ogni cosa sembra morta.

Leggendo, non riuscivo a togliermi dalla mente Se questo è un uomo di Primo Levi. C’è un capitolo in cui Levi cerca di ricordarsi il Canto XXVI dell’Inferno di Dante per poterlo tradurre e spiegare ad uno dei suoi compagni. Perché? Sembra un episodio così bizzarro. Ma Levi, in quel contesto così disumanizzante, aveva bisogno di sentirsi ancora umano, di ricordarsi di essere umano.

Così è per il padre e il figlio. Il loro legame ricorda loro di essere umani, anche se intorno a loro il mondo è perso. E proprio dall’innocenza e dalla fiducia del bambino verrà l’unico barlume di speranza in tutto il romanzo.

L’unico neo è stata la conclusione. Mi ha lasciato parzialmente insoddisfatta: mi sarei aspettata qualcosa di più incisivo, qualcosa che mi restasse in mente. Invece, la disperazione respirata in gran parte del romanzo soffoca anche la speranza che nasce dal finale. Un peccato, se speranza doveva esserci.

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