Per molti lettori di questi ultimi decenni L’Aleph è il libro dove scoprirono non solo un nuovo grande scrittore, ma un nuovo modo di essere della letteratura. Fu una specie di folgorazione, che poi si trasmise a tutta l’opera di Borges. Intanto, i titoli di alcuni di questi racconti (da Lo Zahir a Deutsches Requiem, da La ricerca di Averroè a L’immortale) entravano nella geografia mentale dei lettori come luoghi da sempre familiari e misteriosi.


L’Aleph è uno di quei libri nei quali la rilettura porta a scoprire nuovi dettagli, nuove interpretazioni. Altamente simbolico e pieno di citazioni erudite, affascina il lettore con la costruzione di storie e mondi fantastici, fuori dal mondo e dal tempo. Ogni racconto sembra vivere unicamente in un universo letterario, eppure la potenza dei simboli ci riporta nel nostro mondo, nella nostra umanità e nei nostri dilemmi.

Come non rimanere affascinati dal Labirinto? Simbolo di iniziazione, di ricerca del centro, dell’unione degli opposti, del nocciolo delle cose. E’ facile perdersi, perdere se stessi, nel labirinto. Allo stesso modo affascina la Biblioteca, dove viene custodito il sapere e forse anche la Verità. E lo Specchio, simbolo di vanità e perdizione, ma anche di virtù e conoscenza.

Potrei davvero continuare a lungo. Come Ulisse non poté vincere il desiderio di divenir del mondo esperto, così Borges indaga e testa i confini del mondo e della letteratura, portandoci lontano da lidi conosciuti e rassicuranti, verso i limiti estremi dello spazio e del tempo, dove entrambi si distorcono e niente è lineare.

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