Il Signore degli Inganni è tornato dal passato, minacciando la pace della gente di Valle d’Ombra. E il saggio Allanon accorre da lontano per svelare a Shea la nobiltà delle sue origini e i misteri della magia. Perché solo Shea potrà conquistare la mitica spada di Shannara, il talismano capace di sconfiggere il Male e di restituire agli uomini la libertà, la concordia e la verità. L’eterna guerra tra il Bene e il Male si rinnova in questa avvincente storia ambientata nelle incantate Terre del Nord, dove si avverano i sogni e le leggende. Il romanzo che inaugura la più spettacolare saga “fantasy” degli ultimi anni.
Ormai lo sanno anche i sassi – credo – che ne La Spada di Shannara ci sono innumerevoli riferimenti a Il Signore degli Anelli di Tolkien, al punto che Terry Brooks è spesso liquidato come un meschino scopiazzatore del professore di Oxford.
In effetti, i riferimenti sono moltissimi e vanno dai personaggi alle situazioni. Stranamente, non mi hanno dato fastidio come si solito mi accade in questi casi. Credo che questo sia dovuto a tre fattori.
Il primo: Tolkien è un autore così importate che è impossibile ignorarlo se si scrive un certo tipo di fantasy. Ormai ci immaginiamo gli Elfi come li ha descritti Tolkien, così come ci immaginiamo l’Inferno come l’ha descritto Dante. Terry Brooks non è certo l’unico ad aver “preso in prestito” qualcosa da Tolkien (un esempio per tutti: i Dissennatori di J. K. Rowling).
Il secondo: nonostante le analogie, La Spada di Shannara e Il Signore degli Anelli sono due rette parallele che non si incontrano mai. Tolkien ha creato un mondo di ampio respiro, dove ogni razza ha la sua storia e le sue caratteristiche, un mondo epico. Brooks ha scritto un romanzo intorno alla leggendaria Spada di Shannara, contornandola con le razze tipiche del fantasy e giustificando azioni e comportamenti con una storia plausibile. La differenza di lavoro tra i due autori è abissale.
Il terzo: lo stile di Brooks è così immaturo, ripetitivo e superficiale che ogni possibile riferimento a Il Signore degli Anelli è passato in secondo piano. Per 600 pagine i protagonisti si fanno sempre, sempre, sempre le stesse s**** mentali! Cavoli, che noia! Ma possibile che questi abbiano un cervello incapace di produrre pensieri diversi? Per non parlare poi tutta la gamma di aggettivi (da maligno ad agghiacciante, da nauseabondo a immane) usata per descrivere il Male in tutte le sue declinazioni e che – ovviamente – ottiene l’effetto contrario: il Signore degli Inganni non ha neanche un decimo della malvagità di Sauron e i Messaggeri del Teschio sembrano galline spennacchiate al confronto con i Nazgul.
Se prendi così tanto spunto da Il Signore degli Anelli, devi scrivere qualcosa che ne esalti ancora di più la bellezza, non che te lo faccia rimpiangere.