Questa è la storia di Claire, ma anche di Jonas, Matty, Kira e di molti altri personaggi dell’inquietante realtà distopica inventata dall’autrice. Siamo al Villaggio, Claire ha solo 14 anni e ha ricevuto il ruolo di “Birthmother”: dopo l’inseminazione artificiale diventerà un “contenitore” e partorirà il suo “prodotto”. Nessuno le ha spiegato quanto sarà doloroso, nessuno l’ha avvertita che dovrà portare una benda che le impedirà di vedere suo figlio. Ma il parto di Claire è tutt’altro che semplice: subisce il primo cesareo di tutta la comunità. Per un’imprudenza dell’infermiera viene a sapere che il figlio, il numero 36, sta bene. A causa delle complicazioni, però, Claire viene “decertificata”, dichiarata non adatta a essere una Birthmother e assegnata alla piscicoltura. La ragazza, sconvolta da un’atroce sensazione di perdita, ha ormai un unico scopo: ritrovare suo figlio. L’arrivo al vivaio della nave dei rifornimenti, giunta da un luogo sconosciuto chiamato “mare” con la sua strana ciurma, potrebbe essere il suo mezzo di fuga, quando rapirà il bambino…


Finalmente sono arrivata alla conclusione di questa serie.
Il figlio è diviso in tre parti.
Nella prima ci ritroviamo in quella che era stata la Comunità di Jonas, prima della sua fuga (narrata in The Giver. Il donatore) e stavolta la protagonista è una Partoriente, Claire, che, per un problema sopraggiunto nella sua prima gravidanza, non sarà più in grado di generare figli. Inizia quindi a farsi delle domande e, contrariamente a tutte le regole, comincia a frequentare suo figlio neonato, guarda caso quello stesso Gabe del quale si parla sempre in The Giver. Il donatore. Ho trovato questa prima parte assolutamente noiosa, una ripresa del primo libro che mi è sembrata eccessivamente dilatata.
Dopo la fuga di Jonas con Gabe, Claire tenta di seguirli, ma si ritrova in un villaggio di pescatori, dove viene adottata da una donna, Alys. Questa è la parte migliore del romanzo, dove le emozioni scorrono libere, finalmente. C’è una vecchia saggezza in Alys e una grettezza popolana nei pregiudizi del villaggio contro la storia di Claire. C’è l’amore e c’è la forza indomabile di una madre che deve ritrovare suo figlio.
Nella terza parte, infine, ritorniamo non dico nella noia, ma certamente nel poco degno di nota. Il finale ricorda (come i romanzi precedenti) una favoletta con poco nerbo, questo Male non fa paura, non mette voglia di nascondersi. E quando il cattivo non è all’altezza, i buoni non possono essere indimenticabili.

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