
Descrizione: A diciannove anni Garrard, figlio di un pastore battista e devoto membro della vita religiosa di una piccola città dell’Arkansas, è costretto a confessare ai genitori la propria omosessualità. La loro reazione lo mette di fronte a una scelta che gli cambierà la vita: perdere la famiglia, gli amici e il Dio che ama sin dalla nascita oppure sottoporsi a una terapia di riorientamento sessuale, o terapia riparativa, per «curarsi» dall’omosessualità, un programma in dodici passi da cui dovrebbe riemergere eterosessuale, ex-gay, purificato dagli empi istinti che lo animano e ritemprato nella fede in Dio attraverso lo scampato pericolo del peccato. Quello di Garrard è un viaggio lungo e doloroso grazie al quale, tuttavia, trova la forza e la consapevolezza necessarie per affermare la sua vera natura e conquistarsi il perdono di cui ha bisogno. Affrontando a viso aperto il suo passato sepolto e il peso di una vita vissuta nell’ombra, in questo memoir l’autore esamina il complesso rapporto che lega famiglia, religione e comunità. Straziante e insieme liberatorio, Boy Erased è un’ode all’amore che sopravvive nonostante tutto.

Penso che Boy Erased sia uno dei memoir più brutti che abbia mai letto nella mia vita. Avevo letto delle opinioni poco lusinghiere sulla scrittura di Conley, ma pensavo sinceramente che la sua storia – essere cresciuto in un ambiente fondamentalista cristiano ed essere stato sottoposto alla terapia riparativa dopo che i suoi genitori avevano scoperto la sua omosessualità – mi avrebbe fatto provare abbastanza simpatia per lui anche se non aveva scritto il memoir più bello del mondo.
E invece per niente: Boy Erased è riuscito nell’impresa di non dirmi assolutamente niente su un tema al quale sono così sensibile. È un libro che secondo me ha diversi problemi, il primo dei quali è sicuramente l’esposizione dei fatti. Ovviamente trattando di eventi realmente accaduti unə autorə non può intervenire sul modo in cui si sono svolti, ma cercherà di organizzarli in modo che lə lettorə lə segua lungo un percorso, un ragionamento, una maturazione: un filo rosso che generalmente è il motivo per cui si scrive il memoir.
Boy Erased mi è sembrato sprovvisto di questo filo rosso: Conley racconta diversi eventi della sua vita, ma sono così scollegati l’uno dall’altro che alla fine della lettura farei fatica a raccontare in maniera cronologica come si sono svolti i fatti. Non aiuta nemmeno che Conley abbia uno stile incredibilmente melodrammatico e carico: che bisogno c’è di annegare una storia che già di suo è drammatica con tutto questo patetismo e leziosità?
Ma l’elemento che forse mi ha dato più fastidio è che Boy Erased è una lunga lagna. Conley non è mai davvero critico verso niente di ciò che gli è successo: se ne lamenta e basta. Certo, non possiamo biasimarlo, ma le lagne sono lagne e da sole non fanno una critica costruttiva e non arricchiscono in alcun modo il dibattito sulla messa al bando delle terapie riparative.
Il punto è che aver avuto una certa esperienza non rende automaticamente in grado di parlare di quell’esperienza in modo intellegibile da chiunque: serve molto lavoro psicologico e forse anche filosofico e l’impressione che Conley dà di sé in questo libro è di essere rimasto bloccato da qualche parte nel suo percorso di elaborazione. Mi auguro che almeno scrivere questo libro lo abbia aiutato ad andare avanti e a ritrovare la serenità.




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