Buon lunedì, prodi seguaci!🐀

A volte a essere in ritardo capita a fagiuolo: questo fine settimana ho sentito delle affermazioni bizzarre sul fatto che noi europeə siamo ə più fighə del mondo, perché non andiamo in giro a bombardare altre popolazioni, non discriminiamo le persone e, soprattutto, noi abbiamo la cultura e loro solo cacca pupù.

A parte che l’ultima volta che ho controllato ə russə (inteso come gruppo etnico abitante in Russia) erano europeə e discendevano pure loro dai popoli indoeuropei, smettiamola prima di subito con questo delirio eurocentrico non troppo diverso dal suprematismo bianco statunitense che ci fa inorridire: è una storia che non ha un lieto fine – e questo sì, dovremmo saperlo molto bene da europeə.

Quindi, per rimettere le cose in prospettiva, questo mese ho pigliato due libri di David Graeber.

Divisore blu con un fiore alle estremità

Il primo è Progetto democrazia, che prende spunto dalle proteste pacifiche nate nel settembre 2011 contro il capitalismo finanziario per parlare di cosa non va nelle nostre sbandierate democrazie.

Copertina di Progetto democrazia: un'idea, una crisi, un movimento di David Graeber: raffigura una persona stilizzata senza testa che sta mettendo una scheda con un grande pallino nero (la sua testa) in un'urna rossa, dove dal fondo cadono altre schede con grandi pallini neri.

Descrizione: Si può definire democratico un sistema politico che tutela i più ricchi e abbandona il 99% della popolazione? Gli strumenti di questa democrazia, la democrazia liberale, non sono in grado di affrontare e risolvere la crisi in atto. È necessario un cambiamento sociale per realizzare una democrazia reale e riportare al centro del dibattito la disuguaglianza economica. David Graeber osserva come non siano più l’industria e il commercio a determinare la ricchezza, bensì la pura speculazione con la creazione di complicati strumenti finanziari. Lontana dall’economia reale, la finanziarizzazione del capitalismo è una vera e propria collusione tra governo e istituzioni finanziarie mirata a indebitare una percentuale sempre più alta di cittadini e ad arricchirne una sempre più esigua. I governi non riflettono più il volere del popolo né il consenso popolare. È quindi impossibile parlare ancora di democrazia. Le lobby influenzano qualunque decisione, i rappresentanti dei cittadini finiscono per rappresentare più i finanziatori che gli elettori: questa è la convinzione di David Graeber e del movimento Occupy Wall Street che, nel settembre 2011, catturò l’attenzione del mondo a Zuccotti Park, a metà strada fra Wall Street e il World Trade Center. Per circa due mesi, senza usare violenza ma con determinazione, senza partiti e senza leader, le proteste degli attivisti raccolsero il consenso della maggioranza degli americani, infuriati contro banchieri e alta finanza. Partendo da Zuccotti Park, Graeber accompagna i lettori in un’esplorazione della democrazia, rileggendone provocatoriamente la storia per capirne l’attualità – dalla nascita ad Atene alla fondazione degli Stati Uniti d’America, alle rivoluzioni del xx secolo, ai movimenti del xxi – e presenta un modello nuovo di democrazia reale, partecipata e orizzontale conquistata attraverso un consenso diffuso nelle decisioni e l’azione diretta. Dopo aver denunciato i meccanismi perversi all’origine della crisi economica di Europa e Stati Uniti in Debito. I primi 5000 anni, con Progetto democrazia Graeber vuole recuperare lo spirito ugualitario della vera democrazia contro l’arroganza del privilegio finanziario e politico.

Divisore blu con un fiore alle estremità

Il secondo libro pigliato è Critica della democrazia occidentale, invece, affronta l’idea che la democrazia sia un’invenzione prettamente europea e che solo nel cosiddetto occidente sia pienamente compiuta.

Copertina di Critica della democrazia occidentale di David Graeber: raffigura quello che mi sembra essere un dettaglio molto ravvicinato di un testo, ma senza che si riesca a distinguere nemmeno che lettere sono.

Descrizione: Benché la civiltà occidentale ne rivendichi l’invenzione, Graeber ci mostra come forme democratiche basate sull’autoorganizzazione siano emerse, nel tempo e nello spazio, in una pluralità di società «altre», diverse tra loro ma tutte estranee alla concezione statuale propria dell’Occidente. E sta qui la contraddizione insita nell’ideale democratico occidentale, che si regge sul sogno impossibile di coniugare le pratiche democratiche con i meccanismi coercitivi dello Stato. Una contraddizione che impedisce la creazione di democrazie nel senso pieno del termine, consentendo piuttosto la nascita di «repubbliche» dotate di pochi elementi democratici. Il che spiega come mai in Occidente ci siano sempre state sperimentazioni sociali volte a riaccendere le istanze più autentiche della pratica democratica. E se in passato i modelli di democrazia scaturiti dalle rivoluzioni americana e francese si sono ispirati, più che all’Atene classica, alle navi pirata, ai nativi americani o alle comunità di frontiera popolate da liberti, prostitute e rinnegati, oggi sono i movimenti di critica radicale dell’esistente, fondati su pratiche orizzontali e modalità di condivisione, a mettere in discussione le basi della nostra democrazia incompiuta. E il futuro della democrazia sta proprio lì. Prefazione di Stefano Boni.

Divisore blu con un fiore alle estremità

Confesso che non ho ascoltato tutti gli interventi alla manifestazione messa su da Serra perché già con due mi è quasi partito un embolo (noi non deportiamo persone immigrate? Da noi è garantito il diritto alla casa? Ma sul serio fate?): il livello di negazione della realtà mi è sembrato criminale da parte di gente che si definisce intellettuale. A me questa roba qua sembra un segno del declino europeo, altro che il non essere dispostə a risolvere le controversie internazionali con la guerra.

Ma che vadano a leggersi Graeber che gli fa bene, va’!

E voi scusate questo sclero senza né capo né coda di lunedì.

Fediverse Reactions

5 risposte a “PdM 2025: il piglio di marzo”

  1. Ottime segnalazioni.
    Sugli interventi alla manifestazione, ha fatto una bella raccolta Marisa Salabelle: un’insala mista all’insegna della confusione più totale, delle posizioni antitetiche, che di tutto hanno parlato tranne che di pace.
    Oltre alle frasi che hai citato, ci metterei anche quella che ha sostenuto che l’Europa vive in pace da 80 anni: ma le guerre balcaniche?? fanno forse parte della cancel culture? meglio rimuovere quello che non ci piace…
    Vorrei inoltre ricordare a tutti che il colonialismo appartiene all’Europa, che le nostre fulgide democrazie, tipo quella inglese, o francese, sono nate dal colonialismo, dallo sfruttamento e dalle discriminazioni. Detto ciò, uno potrebbe pensare, magari abbiamo imparato la lezione e ora siamo diversi. Purtroppo no, perché il colonialismo e la discriminazione hanno solo cambiato forma e modo di agire. Quindi non riempiamoci la bocca di concetti astratti, manteniamo ben saldi i piedi sul terreno del reale.

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    1. Quella della prima guerra in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale è ormai un classico: è da quando è scoppiata la guerra in Ucraina che la sento e non mi capacito di come persone che erano già adulte negli anni Novanta se ne possano essere “scordate”.
      Ma infatti io da persone che fanno parte del gruppo di intellettuali mi aspetterei una visione meno propagandistica e più concreta e aderente alla realtà. Va bene celebrare le culture europee, il modo in cui sono interconnesse, ma senza dimenticarsi il prezzo che altre popolazioni e le fasce più deboli delle nostre hanno pagato e stanno pagando. Parte del dramma della guerra in Ucraina a me sembra proprio il fatto che è una guerra tra europeə e tra due popoli che avevano dei legami molto forti.

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  2. Arrivo in ritardo a commentare l’incredibile eurocentrismo, il suprematismo e la straordinaria capacità di negazione della realtà da parte di certi nostri “intellettuali”…

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    1. Che squallore. Quella manifestazione è entrata nel mio radar perché alcune persone nella mia cerchia se ne sono uscite con dei resoconti talmente fuori dal mondo che mi sembrava che avessero dato barta di brutto. Invece no. Era tutto vero, non stavano esagerando per niente.

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