
Descrizione: Questa è la prima antologia di scrittori tibetani mai pubblicata in Italia. Il volume raccoglie 15 racconti dei più importanti autori tibetani contemporanei, alcuni dei quali vivono tuttora all’interno del Paese mentre altri, a seguito della diaspora, si sono trasferiti all’estero.
Il racconto è diventato, nel corso del tempo, la forma letteraria privilegiata degli scrittori tibetani, che prediligono la sua struttura per descrivere il Tibet moderno. Alcuni tra gli scritti selezionati hanno un tono più leggero e ci mostrano aspetti di vita comune, mentre altri non si esimono dall’affrontare tematiche controverse come l’occupazione cinese, la diaspora e i loro effetti – spesso drammatici – sull’esistenza delle singole persone. Ne risulta un quadro ricco e sfaccettato della quotidianità di donne e uomini tibetani di oggi, in bilico tra antiche credenze e nuove modernità, tra fede nei fantasmi e iPhone di ultimo modello.
Un’antologia unica nel suo genere, una raccolta capace di offrire al lettore uno sguardo totalmente inedito su un Paese sempre al centro dell’attenzione internazionale.

Siccome sono una lettrice curiosa, mi ci vuole un attimo a incuriosirmi davanti alla prima antologia di narrativa tibetana contemporanea pubblicata in Italia e un altro attimo per prenderlo in prestito. Poi una volta iniziato mi ci è voluto solo un altro attimo per capire che io del Tibet non so davvero nulla – non ho nemmeno avuto il periodo di fascinazione per il buddhismo o Sette anni in Tibet (mai visto). Ma da qualche parte bisogna pur iniziare per imparare cose nuove, no?
Quindi nella mia crassa ignoranza ho capito che l’occupazione cinese attraversa questi racconti come una frattura e anche quelli che non si occupano direttamente delle conseguenze di quell’evento storico sembrano comunque contenerne l’eco. La raccolta, infatti, si apre e si chiude con due racconti che, pur da punti di vista diversi, ci raccontano del trauma dell’occupazione cinese e del suo impatto sulla vita e sulla cultura del Tibet. Moltissimi racconti poi contengono critiche al culto della personalità di Mao, riferimenti all’esilio e alla perdita di contatto con la propria cultura o alle difficoltà di vivere in un Paese che cambia velocemente ma anche sembra sempre abitato dai fantasmi del passato.
Com’è tipico delle antologie, non tutti i racconti mi sono sembrati notevoli – alcuni mi sembravano essere stati scelti più per la loro rilevanza politica che per quella letteraria. Ho trovato, però, molto interessante il breve saggio introduttivo della curatrice, che è molto utile per farsi almeno un’idea della letteratura moderna tibetana e di com’è nata, se come me non ne sapete niente.




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