Copertina di Kiku-san. La moglie giapponese di Pierre Loti: raffigura un dipinto orientale dove una donna con un kimono leggermente aperto e una pettinatura molto complessa, con molti fermacapelli rossi, si sventola con un ventaglio.

L’ufficiale della marina francese Pierre Loti sbarca per la prima volta sul suolo giapponese, a Nagasaki, dove si tratterrà per il tempo necessario a riparare i guasti della nave da guerra Trionfante. Nel Paese è d’uso che, per il periodo di permanenza, uno straniero possa contrarre un matrimonio con una giovane del posto. Ed è ciò che Loti farà sposando Kiku-san, la signorina Crisantemo. La vicenda autobiografica è solo il pretesto per dar vita a quello che l’autore chiamerà un “romanzo giapponese”, un’opera costruita in forma di diario, i cui personaggi principali sono Loti stesso, il Giappone e le impressioni prodotte su di lui da questo stupefacente Paese. Qual è allora il ruolo di Kiku-san? Quello di una sposa, di un oggetto di piacere o di un tramite per immergersi in una realtà pressoché inafferrabile e raccontarla in tutte le sue sfumature? Il libro attraversa l’intera gamma dei rapporti fra sé e l’altro: dallo sguardo “coloniale” al riconoscimento di una specificità culturale, passando dal divertimento al sarcasmo, dalla condiscendenza al rispetto, dal rifiuto allo stupore e all’incanto, dall’angoscia del non-noto alla constatazione dell’insormontabile alterità. Un testo per cogliere gli usi, i costumi, le atmosfere, i suoni, i caratteri di un Giappone che in Nagasaki aveva uno dei maggiori punti di contatto con l’Occidente. Uscito in Francia nel 1887, fu di ispirazione a Illica e Giacosa per il primo atto della Madame Butterfly di Giacomo Puccini.

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Pierre Loti, baldo ufficiale di marina francese, decise di fare buon uso letterario di tutti i suoi viaggi e di tutti i suoi contatti con culture diverse dalla sua e scrisse decine di libri ispirati alle sue avventure per il mondo. Kiku-san. La moglie giapponese romanza di quella volta in cui la nave sulla quale viaggiava Loti fu costretta a fermarsi 36 giorni a Nagasaki per delle riparazioni.

Siamo nel 1885, ma non aspettatevi da Loti considerazioni sulla situazione politica e sociale del Giappone di fine Ottocento (periodo Meiji, secondo le ere giapponesi): Kiku-san è un romanzo in forma di diario e totalmente incentrato sulle impressioni che Loti ebbe di un Paese che dovette davvero sembrargli un altro mondo. Tanto che tra gli aggettivi più ricorrenti per descrivere la sua esperienza c’è incomprensibile.

Il romanzo prende avvio con la procedura tramite la quale Loti, com’era consuetudine per gli europei che arrivavano in Giappone, si sceglierà una moglie temporanea che gli farà compagnia durante la sua permanenza a Nagasaki. Si tratta della Kiku-san del titolo, che diventerà la moglie giapponese di Loti per venti piastre. Ovviamente date le premesse (e l’avvertimento di Francesca Scotti nella prefazione) non ci si può certo aspettare un romanzo che incontri la sensibilità di oggi, ma in compenso è facile vedere quanto il razzismo sia stupido e pure ridicolo: l’assurda fissazione di Loti per la statura delle persone giapponesi ci dà l’impressione che sia sbarcato a Moria invece che a Nagasaki. Per non parlare del sessismo, che mi ha fatto desiderare l’autostima di Loti che rimane male quando, alla fine del matrimonio, trova Kiku-san a contare le piastre e per niente affranta dalla sua prossima partenza come lui si aspettava.

Vale quindi la pena di imbarcarsi nella lettura di Kiku-san? Sì, se amate la Madame Butterfly di Puccini, che dal romanzo prende ispirazione. E sì, se vi interessa l’esperienza di un incontro con un Altro così altro da sé da risultare incomprensibile al punto da rendere possibile goderne solo con un certo distacco, per non lasciarsene contaminare.

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Valutazione del libro: tre stelline gialle

4 risposte a “Kiku-san. La moglie giapponese di Pierre Loti”

  1. Be’, però immagina di trovarti in un posto dove l’altezza media è 10 cm più bassa di quella da cui vieni. È un po’ strano!

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    1. Sì, ma così strano da ribadirlo più volte durante il libro e da parlare di “persone piccine”? Alla fine di persone più basse ne avrà viste tante anche in Europa: non sembra un aspetto così “esotico” da prestarci così tanta attenzione.

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  2. Ma aveva davvero bisogno di una moglie temporanea per 36 giorni? 😅

    Grande Kiku-san che non si scompone alla partenza, per lei è esattamente una transazione commerciale, nulla di romantico dove non esiste.

    Situazioni simili avvenivano anche in Corea del Sud, anche se forse non si trattava di matrimoni “legali”. Ma i soldati lontani da casa, a cui non sapevano se sarebbero mai tornati, si infatuavano di giovani donne coreane, magari si fidanzavano anche, però quando era l’ora di tornare in patria le lasciavano indietro senza grande rammarico.

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    1. La scusa è: con una moglie posso avvicinarmi di più alla cultura locale.
      La fascinazione dell’esotico e dell’Altro: va bene avvicinarsi, guardare e toccare, ma non lasciarsi “contaminare”. Dopo la curiosità soddisfatta, è bene tornare a casa.

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