Buon lunedì, prodi seguaci!🦒
A dispetto del fatto che sia un caldo che s’abbaia, quest’anno mi sono messa a leggere dei libri niente affatto leggeri e sto palesemente contravvenendo alla legge che d’estate vorrebbe solo letture frivole e disimpegnate. Legge che di solito seguo pure io, ma quest’anno si sono infiltrate delle letture importanti: quindi eccovi una citazione da Il libro della scomparsa di Ibtisam Azem.
«Sai cosa significa passare la vita ad aspettare? Aspettare che tornino quelli che sono partiti? Per tutta la vita aspetti. Per tutta la vita parli del passato. Ma intanto il presente cresce e ti divora. Quelli che sono rimasti, un intero popolo, sembrano matti quando parlano di ciò che è stato. Come se non fosse mai stato, o fosse solo un mondo esistito soltanto nella loro immaginazione. Giaffa, Giaffa, è un nome che mi fa male e che maledico tutti i giorni, perché ancora la amo. Si può sputare su ciò che si ama? Sì, perché questo amore ti uccide. Guarda in che situazione siamo. La droga. La miseria. Lo schifo, guarda. Guarda. Stare qui significa sputare sangue. Vivere con una ferita aperta che continua a sanguinare finché sei vivo. Come faccio a spiegarti cosa provo? Mi sento felice perché sono rimasto, nonostante la disperazione, il dolore e il fatto di essere stati dimenticati da tutti. Sì, dimenticati… Nessuno può capirlo! Nessuno si rende conto della nostra disgrazia, ma tutti ci lucrano. Nessuno si rende conto di quanto ci sentiamo soli noi che siamo rimasti qui. Mio padre ha ragione quando dice che le lacrime si sono prosciugate. Le nostre lacrime si sono prosciugate» aveva detto una volta Yusif a David, in ebraico e con rabbia, durante una loro animata discussione su temi politici. David non sapeva coma mai quella conversazione gli fosse tornata in mente proprio quel giorno, mentre aspettava l’autobus.

Il mistero avvolge un fatto senza precedenti: verso la mezzanotte di una notte qualsiasi, tutti i palestinesi improvvisamente scompaiono, volatilizzati. Non si sa che fine abbiano fatto autisti, braccianti, medici e infermieri, giovani e vecchi. Cosa potrebbe accadere agli israeliani se i palestinesi non fossero più, allo stesso tempo, il nemico, il capro espiatorio, l’alibi? Cosa succede quando, nella propria vita, scompare il nemico?


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