
Nel 1637 il matematico francese Pierre de Fermat scrisse in una breve nota di aver dimostrato che, mentre il quadrato di un numero intero può essere scomposto nella somma dei quadrati di altri due numeri, come si evince dal teorema di Pitagora, ciò non è possibile per il cubo e per tutte le potenze superiori a due. La prova di questa affermazione non venne mai trovata tra le sue carte, e quello che venne definito “l’ultimo teorema di Fermat” rimase privo di dimostrazioni per secoli. Nel 1993 il professor Andrew Willes dell’università di Princeton, annunciò di aver risolto l’enigma dopo sette anni di lavoro. Il libro di Aczel è la ricostruzione di questa straordinaria ricerca scientifica, fatta di grandi sodalizi, intrighi e tradimenti.

La lettura di L’enigma di Fermat è stata molto appassionante: è un libriccino agile e perfetto per tuttə coloro che pensano che la matematica sia solo una roba noiosa fatta da persone altrettanto noiose che passano la loro vita a cercare di dimostrare teoremi astrusi. Aczel, infatti, ha cercato di raccontare, insieme alla storia della dimostrazione che l’equazione aⁿ+bⁿ=cⁿ se n>2 non ha soluzioni intere positive – una storia che è anche un po’ la storia di tutta la matematica fino agli anni Novanta del Novecento – la passione per i numeri, che, tra tutte le passioni possibili, è probabilmente quella che risulta più oscura.
Aczel rimette innanzitutto la matematica nella storia: a noi che la studiamo “già scoperta” e sistemata in manuali dove i cenni storici , se presenti, sono saltati a piè pari, questo sembra già strano: anche la fredda matematica ha a che fare con gli alti e bassi della nostra storia di esseri umani, sia a livello macroscopico, sia a livello personale, con matematicə che hanno dovuto lottare con povertà, discriminazioni ed ego smisurati.
Ma l’aspetto che forse ho apprezzato di più di L’enigma di Fermat è stata la sua caparbietà nel mostrare che la matematica è bella: così tanto da poter commuovere quanto la visione di un paesaggio mozzafiato o l’ascolto di un brano armonioso. La matematica non è solo astrazione impalpabile, ma è intorno a noi, con le sue forme, i suoi colori e i suoi suoni.
Non vi nego che a un certo punto ho completamente smesso di capire sul serio la parte matematica, ma non tanto per colpa di Aczel, ma della difficoltà della materia: la dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat è così complessa da riempire più di duecento pagine e mi aspettavo di smettere di capire a un certo punto, visto che le mie conoscenze matematiche non sono così avanzate. L’autore stesso si concentra progressivamente più sulle vicende umane che sulla matematica in sé, dando solo le informazioni necessarie per seguire la storia fino alla fine. Cosa che funziona più di quanto possa sembrare a prima vista perché quando Wiles finalmente conclude la sua dimostrazione, mi sono commossa anch’io con lui, pur non avendo idea di come ci sia davvero riuscito. Semplicemente perché la matematica è bella e gli esseri umani sono sensibili alla bellezza.




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