
Tollerata in numerosi luoghi e differenti circostanze per gran parte dell’antichità e del Medioevo, l’omosessualità ha dovuto affrontare, nel corso dei secoli successivi, una lunga ondata di intolleranza che giunge ai nostri giorni. Divenuta una tara, se non addirittura una perversione, doveva essere combattuta come una malattia. Una malattia da eradicare con qualunque mezzo. Nel corso dei decenni le tecniche sono state talvolta relativamente blande (ipnosi, psicoanalisi), altre volte violente (lobotomia, terapia ormonale, scosse elettriche). Centinaia di migliaia di persone sono passate attraverso questo orribile calvario. Non una di loro ha effettivamente modificato il proprio orientamento sessuale. La teoria che sta alla base di queste supposte «cure» è quella secondo cui l’omosessualità sarebbe un comportamento «deviante», «patologico», «aberrante» e, soprattutto, appreso. D’altra parte il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – il manuale internazionale di riferimento delle patologie mentali – ha cancellato l’omosessualità dalle patologie sessuali solo nella sua quarta edizione, nel 1987. L’analisi scientifica della tematica omosessuale è recente e relativamente poco conosciuta. Ancora oggi gran parte delle persone ritiene che l’orientamento eterosessuale o omosessuale sia il risultato di un apprendimento, dovuto alle interazioni sociali che si sono avute nella prima infanzia. La scuola freudiana e postfreudiana ha profondamente influenzato la società, additando nel rapporto coi genitori la causa di uno sviluppo psichico «sbagliato». Ma studi accurati, ormai piuttosto solidi, di biologia, genetica e neuroendocrinologia puntano con sempre maggior convinzione a una spiegazione biologica dell’orientamento sessuale. Più le conoscenze avanzano, più appare chiaro che omosessuali (o eterosessuali) si nasce, non si diventa. Ma per gli omosessuali, data la diffidenza ancora forte nella società e l’omofobia dilagante, questo significa spesso dover riconoscere la propria natura al prezzo di grandi sofferenze, sensi di colpa e recriminazioni. Una migliore comprensione dei meccanismi biologici che stanno alla base dell’orientamento sessuale può dunque portare a un’accettazione più ampia dell’omosessualità nella società e ridurre così le sofferenze inutili che troppe persone hanno patito per troppo tempo. Jacques Balthazart – tra i più accreditati studiosi di neuroendocrinologia legata alla sessualità – ha scritto Biologia dell’omosessualità per questo: rendere accessibili a chiunque i dati più aggiornati della letteratura scientifica sull’orientamento sessuale, e per correggere le concezioni sbagliate, e queste sì aberranti, ancora così tanto diffuse nella nostra società.

Come vi avevo già accennato quando ho manifestato la mia intenzione di leggere Biologia dell’omosessualità, nonostante in Italia sia arrivato nel 2020, stiamo parlando di un libro pubblicato per la prima volta nel 2010 e i suoi tredici anni si sentono tutti: essendo un riepilogo di tutte le conoscenze sulle influenze genetiche e/o ormonali sulla determinazione dell’identità sessuale degli esseri umani potete capire facilmente come il tempo non sia stato clemente con questo libro.
Non ho le conoscenze per mettermi a disquisire nello specifico sugli studi citati, ma è abbastanza evidente come oggi ci sia da tenere conto del fatto che, con il miglioramento dell’accettazione sociale dell’omosessualità dalle nostre parti, sia stato possibile – banalmente – raccogliere più dati e quindi di lavorare su campioni più ampi e rappresentativi.
Non mi sento però di scrivere che quelle riportate da Balthazart siano informazioni sbagliate: semplicemente riporta una fase preliminare della direzione che poi si è continuata a seguire fino a oggi negli studi riguardanti gli orientamenti sessuali non eterosessuali. Biologia dell’omosessualità può essere dunque letto come una fotografia di un momento della ricerca scientifica in cui si è desiderato capire le origini dell’omosessualità come variante normale della sessualità umana e non come una perversione o devianza da biasimare e curare.
In questo senso Biologia dell’omosessualità è invecchiato molto bene perché il suo scopo era quello di liberare l’omosessualità dall’idea che fosse unicamente un comportamento appreso e che quindi le persone potessero correggerlo tramite delle terapie. Oltre a specificare che non esiste alcun motivo scientifico o logico per portare avanti una discriminazione sistematica nei confronti della persone LGBTQIA+.



PS: Vi lascio un video più recente sulla biologia dell’omosessualità.


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